Mi spiace ma al Venezia di Zenga preferisco il Cittadella

Crozza

Sempre con ‘sto basket. Hanno protestato quelli del calcio. E non posso dar loro torto. Ma di calcio tutti sanno tutto. Anche le bestie e gli incolti. E ne possono parlare persino Ambrosini e Canessa, pardon Caressa Fabbio, con due bi, come i carabbinieri. Al quale Beppe Bergomi, frustratissimo intertriste, chiede ogni volta davanti agli ospiti in salotto dov’è il gabinetto perché gli scappa. “Sempre in fondo a destra: ormai, caro Zio, dovresti saperlo”. In verità non sa neanche d’essere al mondo e quanti scudetti ha vinto la Juve negli ultimi sette anni. Sette, glielo ricordo io. Sperando che non mi muoia sul colpo. E, già che ci sono, gli rammento che lui in carriera ne ha vinto uno soltanto. Quasi per sbaglio. Con Trapattoni, giocatore leader del Milan e allenatore simbolo della Juventus. Mentre nella pallacanestro il livello, fidatevi, è parecchio più elevato. Anche se magari il mondo è molto più piccolo e i panni sporchi di solito si lavano in casa. E poi c’è Ciccioblack Tranquillo, odioso più di Salvini e di De Laurentiis, e ce ne vuole. Che sa una pagina più del libro, però il libro sul nero di seppia di Siena non l’ha più scritto e un giorno vi spiegherò anche il motivo. Adesso spazio al pallone che in fondo, come disse proprio il grande Trap, “è solo gonfio di aria”, e non come quello della Nba che domenica Max Oriani ha simpaticamente intervistato su due pagine di Fuorigioco, l’inserto di Mamma Rosa, ma ora non arrabbiatevi se a bruciapelo vi confesso che non mi è dispiaciuto che il Cittadella di Andrea Gabrielli e Stefano Marchetti, uno più bravo dell’altro, abbia meritatamente battuto il Venezia 3-2 in rimonta, mentre non ho fatto salti di gioia quando Szczesny, o come cavolo si scrive, una sola vocale in un bosco di consonanti, ha deviato sul palo il rigore al Pipita. Che poi è andato via di testa e si è beccato il rosso. Poveretto, la Juve ce l’aveva nel cuore e l’hanno scambiato con una Mela marcia. Il guardiano polacco poteva semmai respingere mercoledì la punizione nemmeno tanto angolata di Mata e fare un passo avanti sull’autogol di Alex Sandro. E invece è rimasto impiantato sulla linea di porta. Come una carota. Ho pensato per quattro giorni e quattro notti, ho la sciatica e per questo dormo poco e quindi penso molto, che con Buffon tra i pali, anche sessantenne, il Manchester United di Mourinho non avrebbe mai vinto a Torino. E già avrei promosso Perin titolare se ieri Szczesny non avesse parato il rigore a Higuain e Nostra Signora non avesse stabilito un altro record: 34 punti su 36 nelle prime dodici giornate di campionato. E Canessa, lo Zio, il bagnino di Pesaro e trequarti di Sky trovano ancora il coraggio per criticare lei e quel santo dell’Acciuga AllegriAnche se le gioie più grandi me le dà sempre la Beneamata che quattro peri ha dovuto ingoiare dall’Atalanta di Gasperini, detto Vendetta, tremenda vendetta, e la Gazzetta con le mutande nerazzurre ha dovuto titolare: “Super Dea, buio Inter: Icardi e soci schiantati”. Che meraviglia. Perché chissà quanto deve esserle costato. Non dovete del resto nemmeno mai dimenticarvi che sono mestrino e gobbo. E dunque se siete veneziani o intertristi, o addirittura d’entrambe le razze, belle o brutte, ve lo ripeto: lasciatemi perdere perché la mia ironia ad un tanto al chilo vi andrebbe di traverso e vi avvelenerebbe il sangue. Per carità di Dio, non valgo un’unghia di Maurizio Crozza (nella foto in cui è uguale a Vittorio Feltri) e la sua satira è pungente, scaltra e sfacciata. Però alla mia non perdonate niente e alla sua tutto. E vi divertite anche quando come venerdì scorso in diretta sulla Nove, facendo la fantastica imitazione di Pierre Moscovici, il politico francese, oggi commissario europeo per gli affari economici e monetari con il quale l’Italia domani dovrà fare i conti a Bruxelles, ha insultato il nostro presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e non il Conte Antonio, che non è voluto andare ad allenare il Real Madrid, sostenendo che “è un pupazzo nelle mani di Cric e Croc, cioè di Di Maio e di Salvini. Di Maio è il ragazzo napoletano con la passione per il condono della casa che ha costruito il papà, mentre l’altro è il fascista con le corna che non passano per le porte”.  Walter Zenga, detto l’Uomo Ragno, è poi l’allenatore del Venezia e ex portiere dell’Inter, oltre che del Padova e solo questo basterebbe per preferire il Cittadella di Roberto Venturato al club arancio-nero-verde (con sempre meno arancione) di Joe Tacopina che proprio non ce la fa a riuscirmi minimamente simpatico.