La moka dei gobbi per Gramellini e Italia Viva, un ossimoro

moka juve

Un trentatré righe di Scacciapensieri non si nega a nessuno. Anche se è domenica e avrei voluto che fosse stato davvero un giorno diverso dagli altri in questi giorni nei quali, da immuno-depresso, neanche mi sogno di mettere il naso fuori dall’uscio di casa. Mi piace troppo la vita. E mi piace troppo scrivere. Come ho fatto tutti i giorni dall’11 marzo a oggi. Scusandomi per la bulimia. Ma ho tanto ancora da dire e non voglio tenerlo solo per me. E per la satira da due soldi che gli intertristi e i salvinisti fanno fatica a digerire e li capisco. Ma non riesco proprio a sopportali: è più forte di me. Abbiate pazienza. Anche se ho tanti amici che sono nerazzurri e qualcuno persino, ovviamente veneto, che ha votato tre volte Galan e due Zaia. E nessuno gli ha ancora chiesto: ma sei scemo? Però non odio nessuno. Altrimenti sarei uguale a loro. Magari oggi non siete nemmeno usciti a comprare all’edicola i quotidiani e avete fatto benissimo perché a me li infilano sotto al portone e ora ve li leggo sfogliandoli insieme. Sul Corriere non c’è il Caffè della Gramella come del resto ogni domenica, ma il Padiglione Italia di Aldo Grasso scritto ovviamente bene, però può fare assai meglio: voto 6 meno. Massimo Gramellini invece deve cambiare la moka perché ultimamente i suoi caffè non è che mi siano piaciuti moltissimo ad eccezione di Sindrome di Stoccolma di metà settimana (voto 8). Stare quassù sul pulpito non è poi così male. Tanto che a Littorio Feltri che, salendo la scala a chiocciola, sta tentando di raggiungermi, mollo subito un calcione e lo ributto giù da basso. Alla Gramella che tifa Toro regalo allora una nuova caffettiera, quella dei gobbi (nella foto, ndr) sperando che la gradisca e non la scaraventi furente fuori dalla finestra. La Gazzetta ora ve la portano a casa, ha promesso Papà Urbano Cairo, e lo ringrazio di cuore perché così non ve la devo leggere e non m’arrabbio più con DindonDan Peterson e il Vate Bianchini che vorrebbero assegnare lo scudetto alla Segafredo Zanetti nonostante non si giochino più le ultime dodici giornate d’irregular season e tutti i playoff. Peterson e Bianchini che vanno d’accordo: è proprio vero che non c’è proprio più religione al mondo. Così come è evidente che è iniziata la campagna di promozione da parte del secondo figlio di Mamma Rosa, il caro collega Pier Bergonzi, in favore dell’amico Luca Morticia Baraldi, amministratore delegato della Virtus di Bologna. Ecco, sarei anche arrivato a trentatré righe e qui, se volete, anche mi fermo. Ma sarebbe un peccato perché c’è una esaustiva intervista di Annalisa Cuzzocrea a pagina 5 di Repubblica a Vincenzo Spadafora. Nella quale il ministro grillino (se si può ancora dire) dello sport preannuncia che domani proporrà di prorogare per tutto aprile il blocco delle competizioni sportive e degli allenamenti di ogni ordine e grado. Domanda: “Il mondo del calcio in crisi chiede aiuto al governo”. Risposta (voto 10): “Lo sport non è solo il calcio e il calcio non è solo la serie A. Destinerò un piano straordinario di 400 milioni allo sport di base, alle associazioni dilettantistiche sui territori, a un tessuto che sono certo sarà uno dei motori della rinascita. Dal calcio di serie A invece mi aspetto che le richieste siano accompagnate da una serie volontà di cambiamento: le grandi società vivono in una bolla, al di sopra delle loro possibilità, a partire dagli stipendi milionari dei calciatori. Devono capire che niente dopo questa crisi potrà più essere come prima”. E ancora la Sportineria di Maurizio Crosetti che, come diceva Luciano Moggi, è stato battezzato in una bacinella d’acqua e cianuro: “Tagliare lo stipendio ai calciatori? Sì, figurarsi, ma quando mai: è come se il Papa predicasse da solo in piazza San Pietro”. La battuta geniale merita un 8 e mezzo mentre il tempismo non più di dal 2 al 3. Dal momento che a pagina 36 dello stesso giornale leggo questo titolone: Stipendi tagliati, Ronaldo e la Juve aprono la strada. E codesto sommario: “Sarri  e i suoi giocatori si riducono l’ingaggio del 30% rinunciando a essere pagati da marzo sino a giugno. Per il club è una boccata d’ossigeno da novanta milioni di euro”. Il direttore del Fatto, Marco Travaglio, è sempre invece sul pezzo e sempre in palla. E difatti il mio giudizio su di lui non scende mai sotto il bene bravo sette più. Oggi per esempio ha segnalato che il partito di Matteo Renzi è un ossimoro vivente (si fa per dire): Italia Viva. Nel quale è ormai palese “che il suo leader, detto l’Innominabile, sta facendo di tutto per portarlo allo zero assoluto. Ma, per quanto s’impegni allo spasimo, ancora non ci è riuscito e ora galleggia intorno al 2%”. Infine il Gazzettino. Che ormai compro soltanto per leggere l’Anonimo Veneziano (voto 3) e vedere se anche domani s’approprierà del mio scoop, ovvero Luigi Brugnaro che a malincuore ha rinunciato ieri a rivincere il terzo scudetto in quattro anni, senza citare la fonte. Nel qual caso stavolta porto lui davanti al consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti. E poi non dica che non l’ho avvertito prima.