Davvero credete che Cairo sia il più simpatico che ci sia?

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E poi Mamma Rosa ha ancora il coraggio di negare d’essere nerazzurra dalla testa ai piedi dopo che oggi ha sparato in prima questo titolo che ha occupato da solo mezza pagina: TIKI TAKA SENSI. Tutto maiuscolo. Magari dalla testa proprio no: quella è granata, ho esagerato. Ma per il resto, facciamo dal gargarozzo in giù, è tutta intertriste. E non ditemi che non è così. Lunedì primo luglio: “Frenata per Dzeko: ora l’Inter vuole subito Lukaku. E Lazaro è a Milano”. Martedì due: “Muraglia Godin: nasce una super difesa per l’Inter cinese”. Il tre: “BarellaConte: c’è già l’intesa, Inter serena”. Anche in rima. Una pausa il quattro di luglio, ma solamente perché c’è il raduno del Torino: “EuroCairo: sarà un Toro scatenato!”. Anche se non manca: “JuveIcardi: giallo Ibiza”. Venerdì 5: “Inter, Barella con Vidal”. In quale cinema? Sabato scorso: “Icardi spacca”. Cosa? E ancora: “Appuntamento yes Inter-United: Lukaku in Asia con Conte?”. Domenica: “Inter 3×2: Marotta scarica Icardi e il Ninja, Conte in 10 giorni vuole Lukaku, Dzeko e Lukaku”. Questo magari lo si sapeva da un pezzo. Lunedì 8: “Inter in alto ConTe”. Un gioco di parole anche carino come “Sei un pezzo di me”, la canzone di Levante e Max Gazzè. Ieri: “Barella, l’Inter è a un passo: Marotta alza l’offerta e arriva a 45 milioni”. Ora è anche vero che ci sono solo Wimbledon e il Tour de France, ma oggi è pure il primo giorno della Signora di Marx Sarri e comunque non ce la faccio proprio più con tutti questi titoli in scatola della Gazzetta sulla Beneamata. Domanda (pertinente): e allora perché continui a comprarla? Risposta (di comodo): perché la mamma è sempre la mamma ed il rosa, dopo il giallo, è il mio colore preferito. Però che Sensi, che di nome fa forse Stefano, abbia per modello del suo calcio alla catalana il grande Xavi, sapete quanto me ne può importare? Da uno a dieci generosamente tre. Piuttosto l’idea che Antonella Clerici, la mia cara Mole Antonelliana, non abbia il prossimo anno un programma tutto per sé, non mi farà dormire stanotte. Ma poi mi hanno giurato che la Rai le pagherà lo stesso lo stipendio e allora spero che con una doppia camomilla riuscirò anche a prendere sonno. Non passa invece che Massimo Giletti resti a La 7 perché “qui sono libero”. Nella tivù di Urbano Cairo? Me ne racconti un’altra che è meglio. “La Rai è come l’Afghanistan: non sai mai chi ti tende la mano, se è un amico o un nemico”. Già meglio e comunque di una cosa soltanto Giletti non dovrà mai pentirsi: d’essere juventino. Come disse una volta l’avvocato Agnelli di Tommaso Buscetta. Mentre non c’è mese in cui il padrone del Toro non celebri se stesso sul suo Corriere: Cairo si conferma  al primo posto nella classifica di giugno di Reputation Science riferita ai presidenti di serie A con la migliore reputazione online. Insomma se la fa e se la dice. E voi ci credete? Io zero. Anzi mi è odioso persino più di De Laurentiis che non è meno despota di Salvini. Il Tour tra i girasoli (nella splendida foto) non lo guardo quasi mai in televisione, ma me lo faccio narrare ogni giorno su Repubblica da Gianni Mura. E così soltanto stamattina ho saputo che ieri a Nancy ha vinto Elia Viviani battendo tutti i migliori sprinter della terra. Da Sagan a Ewan. “Chissà se il veronese lo sapeva, ma l’ultimo italiano ad aver vinto una volata di gruppo al Tour era stato Petacchi nel 2010 a Reims. E ieri si è partiti da Reims”. Mentre oggi a Colmar di sfuggita ho visto che proprio  Peter Sagan, il magnifico slovacco tre volte campione del mondo, si è preso la rivincita mostrando i muscoli sulla linea del traguardo. Terzo Matteo Trentin, ovviamente trentino di Borgo Valsugana sul Brenta. Che poi attraversa Bassano del Grappa scorrendo sotto al celebre Ponte degli Alpini. E non è il Piave come è stato scritto nella didascalia di un manuale per la scuola superiore che l’assessore regionale all’istruzione ha chiesto di ritirare alla casa editrice Mondadori che l’ha subito ristampato nella versione corretta. Non è mai troppo tardi. Come avrebbe detto Alberto Manzi.