Quanto è coccola questa Trieste, quasi anche più di Trento

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Nemmeno sapevo che ieri sera ha giocato la nazionale di Gian Piero Ventura contro San Marino e che aveva pure vinto 8-0. Così avevo cominciato a scrivere di basket, ma poi mi sono lasciato prendere dalla Juve e dai milioni e milioni di gufi che la odiano. E comunque niente paura: avrei visto lo stesso in tivù Trieste-Fortitudo e poi Trento-Milano. Come ho fatto. E non me ne sono neanche un po’ pentito. Tutt’altro. La seconda semifinale dei playoff di A2 è stata da pelle d’oca. Settemila persone stipate nei tre anelli del PalaRubini, un’onda rossa commovente e un’Alma incantevole: specie nel primo quarto chiuso in favore del quintetto di quel Genio del mio paisà Dalmasson per 30-10. Sì, avete letto bene: 30-10. E non contro l’ultima della pista, ma contro la Bologna di Matteo Boniciolli che era stata indicata da molti come la prima favorita nella corsa all’unica promozione in serie A. Un caro amico, che adesso non ho più, mi propose quest’inverno: “Viemmi a trovare a Trieste perché stavolta abbiamo una squadra davvero coccola che te piaserà assai. Più dei datteri e dei mussoli di cui vai matto”. Avevi proprio ragione, Giorgio. E mi dispiace che Mamma Rosa sia stata ancora più pigra di me se anche oggi alla partita dei tuoi muli non ha dedicato che queste due righe: playoff A2, gara 2: Trieste-Fortitudo 91-69 (serie 2-0). Tutto qui. Per carità anche capisco che stanotte alle 3 comincia la sfida per il titolo Nba tra i Warriors e i Cavaliers e che adesso Milano, la tua gran Milano, rischia davvero di precipitare all’inferno spinta dalle forche di otto impertinenti diavoli trentini. Però, con le dovute proporzioni, fidati: questa Trieste è ancora più entusiasmante della Dolomiti Trento e gioca sul serio una pallacanestro da leccarsi le dita. Con questi primi cinque: Bossi, Cavaliero, Parks, Coronica e Da Ros. Più altri cinque che non sono molto da meno: Pecile, Cittadini, Green, Baldasso e Prandin. Basket a cento all’ora, difesa e contropiede, mordi e fuggi come la Reyer senza Batista tra i piedi. Andrea Cavaliero il leader, Pecos Pecile la spalla, Lorenzo Baldasso la sorpresa, Jordan Parks le ali ai piedi e quel Javonte Green, pescato in Galizia da una squadra di terza categoria, che schiaccia che è un piacere. Oltre a Matteo Da Ros che, se fossi la GrissinBon, avrei già acquistato ieri per provarlo l’anno prossimo al piano superiore e vedere se si può anche accomodare nel salotto buono. Alla Fortitudo è mancato Daniele Cinciarini, che ha un alluce nero, e questo è l’unico alibi del mulo Boniciolli. Che per il resto ha poche speranze d’approdare in finale con la Virtus, e quindi di non giocare il derby di Bologna già strombazzato ai quattro venti, se la sua Aquila non cambierà subito il volo e non si vergognerà d’insudiciarsi gli artigli in difesa. E comunque non sarà semplice espugnare il PalaRubini in un’eventuale (e probabile) gara 5 perché a Trieste l’Alma non perde da 21 partite consecutive. E adesso Trento-Milano 3-1. Qui siamo alla quarta semifinale e alla prima vittoria in casa della squadra di Fred Buscaglia. Che se anche ogni tanto si lasciasse andare in qualche sorriso di soddisfazione non sarebbe poi male. Anche perché il nostro basket ha bisogno di personaggi da mettere in vetrina cominciando da lui che è a un passo da realizzare l’impresa più grande di tutta la storia dei playoff italiani. Come ho già scritto, lo ripeto e non mi sembra d’essere esagerato. Quindi pubblicizziamola presto e subito questa favola se sarà a liete fine. Voi magari considerate l’Armani già morta e sepolta. E probabilmente non avete torto. Io invece ci andrei ancora piano. E in ogni modo sarei soprattutto stufo di tornare sui soliti discorsi dopo che anche Pascolo si è dato alla macchia, Sanders chissà dov’è con la zucca e nessuno si rende conto che Cinciarini e Hickman non fanno un playmaker tascabile in due. La Gazzetta ha parlato di Milano indecente e si è rifiutata di titolarlo in prima pagina. “L’Olimpia precipita: ora il baratro è a un passo”: nemmeno Repubblica si è persa in tanti giri di parole. In più aggiungeteci il carico da novanta di Sandro Gamba, 85 anni dopodomani: “Una difesa ridicola” e la festa vi sembrerà davvero finita. Ma ne siete proprio convinti? Guardando la faccia afflitta di Dada Pascolo che si domanda: “Ma chi me l’ha fatta fare di lasciare Trento?” parrebbe proprio di sì. Ma non domani, semmai domenica. Domani è la festa della Repubblica.