Tra la Virtus e Messina c’è uno Stretto che ormai li separa

messina birra

Che meraviglia! Con un bel punto esclamativo. Che non piaceva a Gianni Mura, un altro grande giornalista che mi manca tantissimo, anche se non ne ho mai capito la ragione del suo disgusto, né purtroppo glielo ho mai chiesta. E, comunque, quando ci vuole ci vuole e qui il punto esclamativo credo che proprio cada a fagiolo per sottolineare non tanto la meraviglia dello striscione apparso ieri sera nella curva virtussina della Segafredo Arena, vedi foto allegata al pezzo, quando del titolo della cronaca sportiva del Gazzettino d’oggi: “Ciocca: sono un tecnico di sinistra” che avrebbe meritato una miglior collocazione di quella a fondo pagina con tre ichs maiuscole (XXX) sotto al solito rimasticato pezzo di mercato sulla Reyer dell’Anonimo veneziano, per giunta no-vax, che, se non becca qualche news che gli allungo ogni tanto perché faccia il bravo e torni a cuccia, non ne azzecca mai una di giusta. Che dico una? Nemmeno mezza. E qui pure non ci starebbe male il punto esclamativo, ma per rispetto a Mura l’ho subito cancellato. Cesare Ciocca, che i compagni chiamano Cece, è il nuovo allenatore del Basket Mestre 1958 sponsorizzato Gemini che gioca in serie B e che, se ancora non lo sapete, è la mia squadra del cuore. Come lo era pure di Luigi Brugnaro prima che diventasse Napoleone e oro-granata. La fondò proprio mio padre assieme a quello del mio compare di nozze. Per l’appunto 64 anni fa. Quando il Veneto era almeno scudocrociato, bianco e bacia banchi, e non fastidiosamente leghista come adesso. Quindi devo conoscere al più presto il bergamasco di Treviglio, che l’anno scorso ha allenato a Vicenza, per stringergli forte la mano e dirgli che ci vuole del fegato a presentarsi con questo biglietto da visita in una terra dove ancora in molti sono convinti che i comunisti mangino i bambini. Anche se i tifosi del Mestre cantano spesso in coro: “Lotta dura senza paura” che non è certo uno slogan di destra, ma temo che non lo sappiano.

E’ chiaro che un po’ ci ho giocato sulle parole di Cece Ciocca che in verità, completando il discorso, si è presentato alla stampa lagunare dichiarando: “Sono un allenatore di sinistra. Perché anima e condivisione sono due fattori fondamentali per me e delle mie squadre dove non voglio che sia il singolo giocatore a risolvere le partite, ma il gruppo con un intento comune”. Confessando che il suo idolo da ragazzo era Chuck Jura, mentre per me è stato Renato Villalta. Al quale magari non sarà piaciuto quello striscione “Di Messina ora rispettiamo solo la birra” che è andato di traverso a Marco Bonamico e sinceramente non ne capisco il motivo. Non è volgare o irritante. Anzi, mi sembra divertente, goliardico e istruttivo. Dal momento che non sapevo che esistesse la Birra Messina che invece è un marchio storico della produzione di birra in Sicilia acquisito nel 1988 dal gruppo Heineken. Ah, però! E ridagliela col punto esclamativo. Uno striscione, anche se magari copiato dalla Fossa fortitudina, e chi se importa, che piuttosto apre e allarga finalmente un solco di mare tra il passato e il presente più profondo dello Stretto. Tra quella Virtus di Messina e di SuperCazzola con scappellamento a destra che finanziò la Banda Osiris di Tranquillo e Bassani e questa alla quale il nuovo Messi(n)a, allenatore e presidente di Milano, avrebbe voluto molto volentieri restituire il cappotto che l’estate scorsa la Segafredo Zanetti con quel caldo bestiale gli aveva fatto indossare a denti stretti. E non c’è riuscito perdendo ieri sera la seconda partita di finale scudetto. Che eccezionalmente ho visto su Raisport in diretta forse perché dal prossimo anno non ne avrò più l’opportunità se la Lega di Gandini, come pare, cederà tutti i diritti televisivi a Discovery e comunque non più alla Rai. Che già scuce meno soldi di Eurosport e vorrebbe anche dettar legge sulla scelta delle partite e sulla programmazione. Ma vai al diavolo!

“L’uomo superiore è calmo senza essere arrogante; l’uomo da poco è arrogante senza essere calmo” predicava un filosofo cinese che si chiama Confucio. Non è difficile immaginare a chi ora stia pensando. A più di uno della Banda per la verità, ma non faccio nomi e vi lascio volentieri indovinare. Di sicuro mi dispiace per Alessandro De Pol e Stefano Michelini ai quali resterò affezionato, ma con questa De Stefano non si può proprio andare d’accordo. Anche se Luca Baraldi ci aveva pure provato, e ci era persino quasi riuscito, ma la parrocchia delle società più piccole che si stringe attorno al Messi(n)a era gelosa e glielo ha impedito. Senza però proporre alternative convincenti ed è questo che è molto desolante. Tanto cosa volete che importi all’Armani d’andare sulle reti ammiraglia della tivù di Stato se domani alle 20.30 riempirà il Forum di dodicimila persone, cioè quante non ne raccoglie nemmeno con Sky nelle partite d’EuroLega? L’importante è che tutti facciano finta di niente quando il presidente e l’allenatore dell’Olimpia, che è poi è la stessa persona e quindi posso usare correttamente la terza persona singolare, manda a quel paese un fischietto che ieri sera poteva essere benissimo il 55enne Carmelo Paternicò o il 31enne medico dell’ospedale di Bari, Guido Giovannetti, che hanno penalizzato con un fallo antisportivo Shavon Shields per un colpo al mento di Pajola che forse obiettivamente a me, come a E.T. Maurizio Fanelli, era sembrato anche involontario.

Sempre da carpediem: “Non tutte le verità sono per tutte le orecchie”. Firmato Umberto Eco. E quindi stasera non perderò tempo a disquisire sull’arbitraggio di gara 2 che Andrea Meneghin ha giudicato nel complesso sufficiente e io per una volta non sono proprio d’accordo con lui. Però gli rileggo quello che ha scritto il buon Andrea Tosi sulla Gazzetta: “L’arbitro Rossi (Maurizio, ndr) ha punito con un fischio assurdo una stoppata pulitissima di grande tecnica difensiva di Pajola su Hall. Per cui auspichiamo che Lamonica, prossimo capo dei fischietti, faccia un bel repulisti anche di qualche presunto big”. E mi permetto d’aggiungere anche di qualche arbitro ucraino che Messi(n)a ha portato in Italia dalla Russia con amore e che abbiamo cominciato a conoscere bene solo mercoledì scorso. D’accordo, ma i buoni ricambi dove sono? Io non li vedo all’orizzonte e men che meno in A2. E dunque cosa potrà fare Citofonare LaMonica meglio di Stefano Tedeschi contestato da un Messi(n)a furente solo perché il designatore Marco Giansanti, col quale spesso si sente al telefono, gli aveva mandato in un Milano-Napoli di Pasqua, finita tanti a pochi, un arbitro che non può vedere da quando Ettore è rientrato dal Texas? Io dico niente di niente. E comunque, come era buona abitudine di un tempo, bisognerebbe tornare a dare i voti in pagella ai direttori di gara come ai giocatori e agli allenatori. Okappa. Comincio subito. Gara 1: Ryzhyk 4.5, Begnis 5.5 e Sahin 4. Gara 2: Paternicò 5, Rossi 4 e Giovannetti 5.5. Ricordando i prossimi di domani che per me sono la miglior terna Fiba, oggi come oggi, possibile e immaginabile. Cioè formata da Saverio Lanzarini, Manuel Mazzoni e Manuel Attard. Anche se senz’altro Erode avrà qualcosa da ridire come sempre. Perché Tatone Lanzarini è di Bologna (e forse non fortitudino), Mazzoni ha un sorrisino ironico che non gli garba e Attard non lo riesce proprio a digerire. Staremo a vedere.

Per chiudere, visto che di nuovo ho fatto quasi l’alba, vi devo confessare che su chi possa vincere questo benedetto scudetto, che mi appassiona da morire, ho le poche idee sempre più confuse. Prima della prima finale avevo difatti detto Armani come del resto otto allenatori da me interpellati su dieci. E dopo la seconda mi verrebbe da riconfermare Milano perché Hines e Melli, ma anche Rodriguez e Bentil possono dare molto di più come cantava Gianni Morandi. Però se Paul Biligha ripete un’altra partita come quella di ieri mi tocca dare ragione a Ciccioblack: il due metri perugino può andare davvero a giocare anche in Nba e io mi sparo. D’altra parte è pure pensabile che anche nella Virtus di Don Gel Scariolo possa ancora crescere, dopo il disastro di gara 1, Kyle Weems che è la luce dei miei occhi. Per non dire di Hackett che sinora ha giocato con il freno a mano tirato e di Cordinier che nelle ultime due partite ha fatto qualche brutto scivolone indietro. Ma come afferma il compagno Ciocca il basket è sport di squadra e di cuore e quindi mi sembra che la Segafredo abbia dentro di sé più rabbia e persino fame dell’Armani soprattutto in Alessandro Pajola e nello stesso infinito Teodosic che io chiamo Er Monnezza e non ditemi che non è uguale al personaggio interpretato da Tomas Milian sul finire degli anni Settanta. “L’Armani – come ha scritto Oscar Eleni molto bene sul Giornale – ha bisogno d’energia e affetto, la Virtus solo di continuare a pensare positivo perché ha davvero più armi dello sfidante”. Ma ha già perso in casa e al Forum quest’anno non ha ancora vinto nessuno. Mentre Walterino Fuochi (Repubblica), sempre tra l’incudine milanese e il martello bolognese, spera che l’amico Ettore, anche se lui dice di non aver amici nella pallacanestro, riesca a gonfiare il suo bottino in attacco non solo con il fantastico Shavon Shields e il lunatico Devon Hall, ma pure con Niccolò Melli o con Ben Bentil. Perché no? E quindi ecco perché penso che Milano debba affrettarsi a riscattare Stefano Tonut dalla Reyer prima che la Virtus, che neanche si sogna di prendere Amadeus Della Valle, glielo porti via sotto al naso. Tonut ha nelle mani tanti punti e apre di fisico le difese in due. O ve lo siete dimenticati l’mvp dello scorso campionato che quest’anno a Venezia ha perso un anno? Io no. E nemmeno il Baskonia, scusate se insisto.