Storie di pallacanestro: Paron Zorzi e il Pesciolino rosso

Mi hanno chiesto l’altro giorno chi avesse mai dato il nome di Paron a Tonino Zorzi. Modestamente io. Quando ancora, sul finire degli anni ottanta, il grande goriziano allenava a Reggio Calabria e mi portò a pranzare in un ristorante di pesce sullo Stretto. La padrona era un pezzo di donna tutta vestita di nero che aveva un ciondolo d’oro con la foto di un uomo che le saltava sul florido petto e m’incuriosiva. Il Paron lo notò e subito mi spiegò: “E’ rimasta vedova meno di un mese fa. Sono entrati nel locale in due e gli hanno sparato tre colpi di pistola”. Lo guardai allarmato. Niente paura, mi disse, con te non ce l’hanno. E neanche con me. Loro sanno bene chi devono far secco. Stai tranquillo. E mi sorrise sotto i baffi. Come no? Il pesciolino era fresco. Mangiammo di gusto, ma solo quando rientrai in albergo mi sentii molto più tranquillo. Col Paron ci sentiamo quasi tutte le mattine: minimo un giorno sì e un giorno no. Coi playoff anche due volte al dì. E’ sempre una miniera di notizie, d’aneddoti, di verità. Come le vede del resto lui le partite non ce n’è di più bravi in giro per l’Italia. Fidatevi: posso contare sulle dita di una mano le volte in cui il Paron ha sbagliato il giudizio sui giocatori e sugli uomini. E se lo ha fatto è perché tizio o caio sono stati suoi affezionati allievi. Magari la settimana prossima andrò anche a trovarlo a Gorizia dove è tornato a vivere e da dove non c’è verso di stanarlo neanche per una sfida a golf. So chi gli piace e chi non gli va, ma lo tengo per me. Geloso d’essere un suo figliolo prediletto. Stamattina mi ha chiesto che fine avesse fatto Acciughino di cui non si sente più parlare. Acciughino è Riccardo Pittis e anche di questo nomignolo mi posso vantare la paternità. Così come per Gas Gas Trinchieri, Don Gel Scariolo e la celebre coppia Sgambetti e Morbillo. Ovvero Gabetti e Morbelli ai tempi della Milano da bere. Ma il Paron resta il Paron: unico al mondo. Come Nereo Rocco. Adesso ho trovato un nome anche per Federico Casarin. Lo chiamerò Pesciolino rosso e non chiedetemi perché. Dovreste capirlo da soli. E comunque fateci caso: potete anche toglierlo dalla boccia di vetro e sarà sempre un pesciolino rosso discreto e muto. L’importante è non chiedergli mai nulla. Neanche che tempo che fa? Vi risponderebbe, guardando fuori dalla finestra, che davvero non lo sa. Come quel giorno di una settimana fa che lo beccarono mentre beveva un caffè con Carletto Recalcati e lui spiegò: siamo semplicemente due amici al bar. Non il vecchio ds e il nuovo allenatore della Reyer.