Se penso che Scimmietta Scibetta contemporaneamente scrive su Repubblica, La Stampa e la Gazzetta e io nemmeno sui muri di casa, altrimenti la Tigre mi ammazza, delle due una: o mi sparo, e così non ci penso più, o cado in profonda depressione e mi leggo l’ultimo libro di Flavio Tranquillo. Ecco ho corso questo rischio. E difatti per quasi una settimana ho lasciato che il mio sito di basket andasse alla deriva. Trascinato da venti che soffiano in una sola direzione (la Milano di SottoBanchi) e correnti di pensiero che sposano le stesse cause perse: il Bracco Pozzecco Show, i giovani rampolli di Reggio Emilia o la bella tamburina di Sassari. Senza che nessuno si sogni mai d’invertire la rotta e d’allontanarsi dai luoghi comuni. Non scrivendo stavo in verità facendo il gioco del nemico e allora sapete (in rima) cosa vi dico? Torno al timone e punto diritto sugli scogli. Anche a costo di sfasciarmi tutto, ma come Ulisse ho ancora un’odissea davanti prima d’approdare a Itaca e d’affrontare una volta per tutte i Proci della Bandissima che d’estate vanno in vacanza all’Isola dei Conigli e d’inverno aiutano Penelope Marino a disfare la nostra pallacanestro. Ricomincio allora da Varese. Che ha perso la sesta partita di fila e quindi non fa più notizia. Un tempo la pensavo anch’io come Bianchini: ce ne fossero, diceva, cento d’allenatori in Italia come Gianmarco Pozzecco. Adesso invece dico che uno basta e avanza. E, se anche Cecco Vescovi se lo togliesse presto di torto, non mi strapperei di certo le vesti. Anzi, farebbe eccezionalmente una cosa che avrebbe già dovuto fare dopo le bestemmie del Poz in diretta nel derby con l’Armani. Soprattutto ora che Paperoga Crespi è rientrato in Italia, ha scritto anche lui un libro ed è libero d’accasarsi dovunque. Da Varese a Caserta la strada non è breve, ma è quasi tutta diritta e allora si fa più presto ancora a risolvere ogni problema cacciando su due piedi Marco Atripaldi che è uno degli ultimi sopravvissuti alla frana che ha travolto recentemente la Banda Osiris. Che – sia chiaro – non è mai stata un’associazione di gente poco per bene e nemmeno un’orchestrina di paese, ma ve lo dico io che l’ho inventata: è solo una confraternita di poveri diavoli, come quella del baccalà o del “par conicio ma è pollo”, che continuano a raccontarsela, magari in inglese, alla Locanda da Rinaldo, dove si rifugiano tutti i lunedì visto che non contano più neanche in casa loro. E comunque, prima di mandare a spasso Lele Molin, che l’anno scorso sfiorò i playoff con una squadra delle comiche, avrei acquistato due o tre giocatori (Ivanov, Antonutti e Chase). Come è stato poi fatto dallo stesso Atripaldi delle tre tavolette, “me ne vado – non me ne vado – rimango”. Del resto se nel giorno dell’Immacolata la Pasta Reggia dovesse scottarsi anche con Trento e la settimana dopo pure a Milano, sarebbero cinque le sconfitte collezionate da Markovski come furono cinque quelle che determinarono il divorzio da Molin. E allora sarebbe forse il caso che Virginio Bernardi facesse un salto nella sua Caserta e rimettesse a posto le cose con il suo pupillo Artiglio Caja. Dicevo di Reggio Emilia e di tutto il can-can intorno a Della Valle, Mussini, Polonara e Cervi che saranno anche bravi, ma che Max Menetti farà giocare sempre meno con i recuperi di Kaukenas e di Darjus Lavrinovic, il gemello buono. O mi sbaglio? Non credo. Al massimo posso prendere un granchio con McCalebb che domani in verità sarà al Forum, però con la maglia del Bayern e non con quella dell’Armani, ma mica potevo immaginare che il suo manager sparasse una cifra da capogiro non lontana dai 200 mila dollari al mese. Ma chi è? Kobe Bryant? E comunque, tornando a bomba, a Bologna i bambini terribili, Della Valle e Mussini, hanno giocato poco e male. E si dovranno abituare d’ora in avanti a sedersi in panchina con la coperta di Linus sulle ginocchia per non raffreddarsi troppo. Venezia capolista solitaria: evviva! Ma chi l’avrebbe mai pensato? Io, ma di questo se ne riparla se volete domani. Intanto vi do il compito per casa: se Pesciolino Rosso avesse comprato anche un play e un pivot nel vero senso della parola, e non Rolling Stone o Roger Moore, avrebbe potuto la Reyer di Carletto Recalcati, il mio allenatore dell’anno 2015, contrastare sul serio Milano nella corsa al titolo? Intanto ieri sera, non so se l’avete vista, si è giocata a Capo d’Orlando un’orrenda partita di palla avvelenata o meglio, come ha più volte sottolineato Picchio Abbio, una sorta di tiro al povero piccione. Che è piaciuta da morire solo al marziano Eddi Denbinsky. Al quale, per farmi perdonare perché non ho ancora imparato come si scrivono il suo nome e cognome, regalerò a Natale il dischetto dello spaventoso posticipo siculo dell’ottava di campionato assieme ad altri storici filmetti dell’orrore. E’ però un fatto oggettivo che, per i soldi che Reggio Emilia e Sassari hanno speso, debbano entrambe partecipare alla gara della corsa dei sacchi tra chi arriva prima dietro la lavagna e s’infila le orecchie d’asino. Favorita alla vittoria è in verità la squadra di Meo Sacchetti che oggi non ha più né capo né coda. Mentre l’anno scorso riusciva anche a divertirmi. Senza Logan e Dyson già da prendere a calci sul sedere.