Perché solo la Reyer rispetta le regole sulla pandemia?

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Un veneziano su quattro ha beccato il virus negli ultimi 30 giorni. Per la qual cosa, seduta stante, ho deciso che da oggi mi chiudo in casa come lo scorso inverno ed esco solo se proprio non ne posso fare a meno. Ho paura dei no vax, liberissimi per carità di pensarla come vogliono, ma a dieci metri o anche cento lontani da me: tanto perderei solo del tempo ad avvicinarli per convincerli che sono soprattutto dei grandi egoisti. Emmanuel Macron li ha definiti degli “emmerder” che è un insulto che suona male, ma è molto meno volgare di come è stato interpretato da certi tiggì ignoranti del nostro Belpaese che non si vergognano invece d’intervistare tutti i santi giorni i due Pietro&Pietro nazional-popolari che più di cattivi odori (olezzi) non sanno sollevare. Il presidente ha infatti voluto energicamente solo far capire a quei suoi fastidiosi concittadini che la devono piantare una volta per tutte con le loro insensate proteste che gli hanno ormai rotto les boites de cachets. Ovvero le scatole. Che detto in francese fa tutto un altro effetto e ha tutta un’altra classe. Ho poi il terrore dei positivi che non rispettano le regole della quarantena come qualche giocatore basket di mia conoscenza o del Napoli Calcio di Pulcinella De Laurentiis che l’Asl 2 di Pozzuoli aveva posto in isolamento per una settimana. Cioè, tanto per non far nomi, Zielinski, Labokta e Rrahmani che invece dopo nemmeno 48 ore sono scesi in campo tra i primi undici a Torino e in particolare lo slovacco e il kossovaro sono stati tra i migliori della squadra di Spalletti, lui sì con il Covid. Come Max Chef Menetti che resterà sino a martedì tappato in casa a Treviso con la moglie e la piccola (si fa per dire) Alessia che sono invece rimaste a Reggio Emilia dopo il cenone di San Silvestro. Del resto sino all’ultimo momento sono stato molto incerto se andare o meno a vedere mercoledì Reyer-Napoli (79-75). E alla fine ho disobbedito alla Tigre e sono scappato al Taliercio, ma se lo faccio una seconda volta rischierei davvero grosso. Come minimo beccherei sulla zucca una tazza di brodo di cappone come piace a me bollente sin quasi a scottarmi la lingua. Difatti avevo già rinunciato d’essere la prossima domenica al Palaverde dove per altro sono sempre trattato con i guanti di seta. E dove Treviso avrebbe dovuto affrontare i muli di Franco Ciani in una delicatissima partita che valeva le final eight di Coppa Italia se la Lega di Umberto Gandini, pressato stretto dall’Asl giuliana, non avesse disposto il rinvio della partita dopo quelli di Germani Brescia-Carpegna Prosciutto e di Happy Casa-GeVi Napoli. Non andrò più nemmeno alla multisala dietro l’angolo che è diventato uno dei luoghi più sicuri di tutta Mestre se al primo spettacolo dell’altro giorno c’erano quattro gatti molto distanziati uno dall’altro per vedere E’ stata la mano di Dio di quella volpe di Paolo Sorrentino. Uno dei film più sovrastimati del mondo, quasi quanto Federico Chiesa, due gol in oltre mille minuti di campionato, e Dejan Kulusevski, il non più giovanissimo svedese costato una fortuna. Però ha vinto il Leone d’argento a Venezia e sicuramente sarà candidato all’Oscar di Los Angeles. Del resto se Adriano De Grandis, che magari capirà poco di calcio ma di cinema ne sa parecchio più dei tromboni di Urbano Cairo, non ha inserito il film con l’insopportabile Toni Servillo e senza una parola di Maradona tra i primi dieci dell’anno 2021, avrà avuto le sue giuste ragioni, mentre ha torto marcio ad avercela con il suo Ossimoro, che poi è Max Allegri, cinque scudetti in cinque anni e due finali di Champions perse con il Barcellona di Messi e il Real di Ronaldo. Come vi sarete senz’altro accorti, come no?, sto tenendo un piede nella staffa del calcio e l’altro in quella della pallacanestro. Eppure sono giunto ormai alla fine della mia fatica perché ho la testiera del personal computer che mi mangia sistematicamente le emme e le erre, il ricambio non mi arriverà prima di metà mese e mi costerà un occhio della testa. E soprattutto al bivio non so ancora quale strada prendere dopo che ieri mi sono regalato il primo giorno di corta del 2022 per vedere bene o male tre o quattro partite di serie A del pallone, di cui neanche mezza su Sky, ma arrabbiandomi moltissimo con Dazn, i suoi dopopartita sdolcinati e i commenti insulsi specie di Riccardo Montolivo che detesta la Juve almeno quanto Lele Adani e l’ha capito subito anche mio nipote rientrato dalle Maldive sano e salvo dopo essersi sparato una mezza dozzina di tamponi. Ma lunedì Rocco (forse) tornerà a scuola e allora, mi spiace, lo saluterò dalla finestra di casa ma non scenderò a riempirlo di baci e di coccole perché sono gli over 10 e non gli over 50 i più pericolosi per i contagiare i superfragili e dovrebbero essere obbligati per primi a vaccinarsi. Come non l’ha capito il governo dei Migliori (quali?) ma – fatevene una ragione – solamente il governatore dei campani, Vincenzo De Luca, che non riaprirà né le medie né elementari. Comunque sia, chiudo con il basket anche se stasera, sempre per Covid, non si è giocata Armani-Zenit di quel polpettone che è diventata l’Eurolega di Ciccioblack Tranquillo che fa un decimo al massimo degli ascolti di Milano-Virtus (102-99) che è stata una straordinaria partita di basket (offensivo) che però su Raidue alle 16 ha raccolto una miseria di 265.000 telespettatori con una punta di 340.000 durante l’overtime. Non c’è niente da fare: la Federazione di Giannino Petrucci e una povera Lega accerchiata da consulenti incapaci non sanno vendere neanche il bell’evento alla televisione e alla stampa come sa invece fare, e molto bene, la pallavolo con i suoi audience milionari e i suoi share spaventosi. Oltre a Sergio Mattarella che a tutta pagina sulla Gazzetta premia le imperatrici d’Italia dell’Imoco Conegliano che hanno appena perso la finale del Mondiale per club di Ankara con le turche del Vakifbank Istanbul che vogliono portarle via pure Paola Egonu. La stessa Gazzetta che oggi alla palla nel cestino ha riservato 25 righe in ultima pagina come allo slalom farsa di Zagabria e al torneo dei quattro trappolini di salto con gli sci. Evviva. Mentre non si sa quando mai si potrà recuperare Treviso-Trieste visto che la Nutribullet sarà impegnata in Champions il 12 e il 18 ed eventualmente il 20 gennaio nella bella con i greci del Lavrio e tutti i metà settimana successivi se passerà il turno. O la dobbiamo forse gufare? Via, facciamo i bravi. Piuttosto tagliamo la Coppa Italia di metà febbraio che – mi ripeto – sono solo soldi buttati al vento tra quelli da distribuire ad una società che dovrà organizzare una final eight che in tv non guarderà nessuno e alla Banda Osiris (non si sa bene per far cosa) in una quattro giorni di bolla a Pesaro dove due anni fa scoppiò uno dei primi focolai di coronavirus e dove il massimo della capienza per la finale sarà di 3.500 tifosi o anche meno. Una follia pura. Nel frattempo adesso ho per sbaglio intuito perché Tortona o Derthona o Bertram che dir si voglia non ha voluto giocare a Santo Stefano a Bologna con Reggio Emilia. Forse perché avrebbe dovuto rinunciare per positività Covid a J.P. Macura che ieri sera ha contribuito con le sue quattro triple al colpaccio (84-89) di Marco Ramondino su Artiglio Caja? “A pensar male a volte ci si azzecca” diceva qualcuno e “non si fa peccato” aggiungo io. Mentre la Reyer, che ha già stentato da morire con Napoli, dovrà domani (alle 20) giocarsi tutto a Trento, terza in classifica, senza Brooks, Phillip e Cerella in quarantena, Daye sempre col mal di schiena e De Nicolao che ci vede da un occhio solo, Bramos che non sta quasi più in piedi dopo dieci mesi di stop forzato e Mitchell Watt (nella foto) non ce la può fare a portar la croce da solo sotto canestro con questo Jordan Morgan che non si è ancora ben capito se arriverà o meno per sostituire l’imbarazzante Echodas. Dal momento che pure l’ex centro del Kazan è fermo da un bel pezzo con un ginocchio scassato e potrebbe anche non superare le visite mediche. Ebbene non vorrei essere oggi nei panni di Walter De Raffaele che pubblicamente non si lamenta come quasi tutti i suoi colleghi, ma è impossibile che non si roda il fegato da livornese sanguigno di Ovodosodo qual è. Anche perché Federico Casarin, ora pure vicepresidente federale, non sgarra di un millimetro dalle regole sulla pandemia che altri club hanno invece calpestato per situazioni molto ma molto meno complesse tuffandosi tra le braccia delle aziende sanitarie locali. In più deve piazzare il figlio Davide che ha già comunicato a Treviso la fine della sua avventura che sarebbe dovuta durare due anni e che è invece finita dopo il panettone di Natale con i 40 minuti in panchina contro l’ottima Brescia di un Amedeus Della Valle (34 punti) magnifico almeno quanto Marco Belinelli (pure 34) al Forum. Sperando che Alessandro Ramagli lo voglia e soprattutto lo possa ancora prendere a Verona in A2. Quanto l’ho fatta lunga? Parecchio. Così domani vi parlo solo di calcio e al massimo di Ettore Messi(n)a che contro Don Gel Scariolo non ha vinto 8-7 in pagella, ma ha pareggiato 7-7 come vi andrò a raccontare tra ventiquattr’ore sempre con un cincinin d’ironia. Sia chiaro. E buonanotte! Che si è fatto un po’ tardi.