Brugnaro numero 1: ha detto no al 1/2 milione di Messi(n)a

messia

Stamattina sono stato a Canossa, in provincia di Reggio Emilia, e mi sono pure cosparso il capo di cenere per la mia mancata promessa che era quella di scrivere per tutta l’estate ogni giorno su questo blog, magari anche solo 33 righe di Scacciapensieri, eccezion fatta per l’ultimo martedì di ogni mese, per il 17 di luglio, anche se cadrà di sabato e non di venerdì, e per il 13 agosto nel quale compirò 72 anni se lo vorranno Dio e il suo Figliuolo, alias il Messi(n)a che non è nato a Betlemme ma in una grotta sull’Etna. Toglietevi invece dalla testa che come l’imperatore Enrico IV mi sia pentito in ginocchio e a capo chino per tre giorni e tre notti davanti al castello di Matilde, la Grancontessa per l’appunto di Canossa, che in verità non ho ancora ben capito se fosse una bella gnocca. Non credo. Anche perché ieri pomeriggio, dopo aver festeggiato a pranzo i miei gemelli, che oggi di anni ne fanno cinquanta tondi tondi, al Passo Campalto, in faccia alla laguna col campanile di San Marco che si erge sullo sfondo, e aver riassaporato il gusto degli scampi e della granseola che temevo d’aver (ri)perso con l’ultima mucosite faringea, mi sono letteralmente appisolato sulla tastiera del computerino e mi sono risvegliato che era ormai l’ora di cena. Eppure avevo bevuto solo acqua minerale rigorosamente non gasata e un paio di bicchieri di succo di pomodoro condito con sale e limone. Avevo preso mezza fiala di cortisone che di solito invece mi tiene sveglio come un galletto sino all’alba. E in più, lo sapete, ho ancora da raccontarvi un sacco e una sporta straboccanti di cose carine che i cronisti sportivi di regime, cioè quelli che scrivono sui giornaloni, come li chiama Marco Travaglio, nemmeno si sognano di confessarvi se anche per sbaglio le sanno. Dal momento che hanno tutti la fissa del posto fisso più di Checco Zalone e se lo tengono ben stretto soprattutto se hanno quattro figli o due famiglie da mantenere o, per non farsi mancare niente, pure un’amante capricciosa ed esigente. Di ritorno da Canossa mi sono comprato un libello di Dario Pisano, “Parla come Dante”, che ho cominciato a sfogliare e mi ha subito appassionato. Difatti lo consiglio vivamente a Flavio Tranquillo: gli servirebbe parecchio e se la caverebbe con appena dieci euro. Che per lui forse son troppi? Lo so: mi dicono da Rogoredo che in effetti Ciccoblack sia più tirato di due spilorci seriali, Din-Don-Dan e il Gallo, messi insieme. Ma lo suggerisco d’acquistare anche a chi ha una scrittura brillante come Valerio Bianchini, il Vate della nostra pallacanestro, o Lorenzaccio Sani, il mio fedele mentore, “perché quello che oggi definiamo italiano è la lingua che Dante Alighieri usò nel suo capolavoro, la Commedia definita Divina da Giovanni Boccaccio”. Insomma non da uno qualsiasi. A trentatré righe sarei anche già arrivato, ma non mi fermo qui. Ho spento il telefonino così nessuno mi potrà dire il risultato della semifinale di Matteo Berrettini contro quell’osso duro di un polacco con un nome del kazzo (Hurkacz) che mi sono registrato e che mi voglio vedere in santa pace dopo cena e dopo il Techetechete’ con le fragole e la panna. Sto proprio bene e non sto più nella pelle da quando ho saputo che Sky, la tivù di Comcast, ha dato un bel calcio sul sedere a Lele Adani che comunque ce lo sciropperemo ancora (forse) su Dazn insieme ad altri due anti Juve eccellenti: Marco Cattaneo e Massimo Ambrosini destinati, spero, ad un ruolo di secondo piano schiacciati come saranno dalla personalità e dal fascino, anche se rifatto, di Diletta Leotta e Giorgia Rossi. “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Come domenica scorsa ho fatto dopo aver visto la nazionale azzurra di Belgrado giocare la più bella partita del nuovo millennio. A parte la semifinale di Atene 2004 quando l’Italia di Re Carlo Recalcati, Basile (31), Pozzecco (17) e Galanda (16) segnò 100 punti alla Lituania che si fermò a quota 91. Che solamente il ricordo ancora mi “fa tremar le vene e i polsi”. Mi manca ora soltanto il titolo e poi metto un bel punto senza l’accapo. Un titolo di basket, mi par scontato. Visto che domani se lo meriteranno Matteo Berrettini, comunque sarà andato a finire il suo duello sull’erba di Wimbledon col fastidioso polacco, e domenica Meches Roberto Mancini sperando che con l’Inghilterra a Wembley abbia più culo di Righetto Sacchi nella finale di Pasadena ai Mondiali del 1994 persa ai rigori con il Brasile più scarso della storia. Perché come mi ha simpaticamente scritto un amico di Facebook “senza culo non riesci nemmeno a sederti”. Stuzzicherò allora di nuovo Ettore Messi(n)a (nella foto di comodo, ndr) essendo il tormentone una caratteristica peculiare della (mia) satira. Però non sparerò un titolo come farà domani la Gazzetta sui due milioni d’euro a stagione che l’Armani sgancerà per tre anni a Nicolò Melli che dalla Nba è tornato in verità con le ali più basse di quando Gelsomino Repesa, alla guida della scarpette rosse, se ne liberò nel 2015 regalandolo al Bamberg di GasGas Trinchieri che lo trasformò in un giocatore coi controfiocchi e i controcoglioni. In fondo la notizia è vecchia come il cucco o almeno lo è per me che l’ho anticipata a febbraio su Facebook durante le final eight di Coppa Italia a Milano quando Matteo Comellini, l’agente emergente oggi nel BelPaese del basket, figlio dell’amico Paolo che fu il super manager di Tomba ai tempi in cui la Bomba andava pazzo per Martina Colombari, l’unico grande amore della sua vita, s’incontrò insieme a Leopoldo, il padre di Nicolò, con Messi(n)a e raggiunsero l’accordo per il passaggio di Melli all’Olimpia nel giro di cinque minuti, al massimo dieci. Tanto paga Pantalone, pardon Pantaleo Dell’Orco, il braccio destro di Giorgio Armani e presidente del CdA della squadra vicecampione d’Italia. Sottolineo vice. Mi sembra invece che Napoleone Brugnaro sia meritorio del titolo di numero uno nella calda estate della nostra pallacanestro per il gran rifiuto che ha opposto a Ettore Messi(n)a che gli offriva mezzo milione per il buyout di Stefano Tonut. Perché non ne ha fatto una questione di soldi ma di principio. Difatti son certo che non avrebbe ceduto il gioiello della sua Reyer, nonché mvp assoluto della serie A, neanche per il doppio. Ovvero per un milione di euro. E comunque, se il titolo non vi garba, pazienza. Vorrà dire che per chiudere finalmente lo Scacciapensieri d’oggi userò il verso più scandaloso di tutto l’Inferno e non potrete dirmi nulla. Quando Dante e Virgilio s’imbattono nel cerchio VIII che ospita i barattieri, cioè i dannati che avevano approfittato della loro posizione politica a Firenze per trarne guadagni illeciti, con il capo dei diavoli delle dieci bolge che “avea del cul fatto trombetta”. O volete per caso discutere la classe del Sommo Poeta?