Non avrei mai pensato che se la prendesse ancora così tanto. In fondo ho scritto le cose che pensano da tempo tutti quanti e che però, adesso che ci ripenso, nessuno magari ha avuto il coraggio di sparargliele in faccia. Di vigliacchi e uomini doppi è pieno il mondo. Anche se nessuno raggiungerà mai il livello d’ipocrisia dei trevisani che, come mi ricordava sempre mio padre, veneziano doc, portano nel nome la loro indole: tre visi, tre facce, tre maschere. Così come non si contano nel clan dei Bandissimi gli adulatori di D’Antoni, molti dei quali sono stati forgiati proprio alla corte dei Benetton e dei Buzzavo. Al punto che, se anche vedessero Mike fare sguaiatamente la pipì sui Navigli o sui salici piangenti che baciano il Sile, racconterebbero di lui ugualmente meraviglie. Non so per esempio che i suoi dorati zampilli increspavano le acque riempiendo l’aria di gentili profumi e dolci sussurri. O di dolci odori e gentili bisbigli. Fa lo stesso: saprà l’avvocato Buffa, amabile narratore, a consigliarvi per il meglio. Poche storie comunque: D’Antoni nella Nba è stato una frana e un’autentica sciagura per due dei cinque più importanti club di basket al mondo: i Knicks di New York e i Los Angeles Lakers, penultimi nella Western Conference con il doppio delle sconfitte (55) rispetto alle vittorie (27). Dai quali se ne è andato che in Italia non era ancora l’alba. “Lakers’ Mike D’Antoni steps down” ha scritto via mail alle 04:02 il mitico Arturo Kenney ed il tamtam ha subito sconvolto i milanesi già prima che sorgesse il sole del primo maggio. Hanno visto per esempio Flavio Tranquillo stracciarsi le vesti per strada e altri sui seguaci buttarsi con una pietra al collo giù dai ponti nell’inquinatissimo Lambro. Mi spiace, lo dico sul serio: non pensavo che ieri Michelino, dopo aver letto il mio articolo dal titolo: “Chi sfascerà D’Antoni dopo i Knicks e i Lakers?”, presentasse le dimissioni alla proprietà dei Lakers una settimana dopo la folle e inspiegabile riconferma. Tanto più che non c’era e non c’è alcun pericolo che Michelino torni ad allenare in Italia visto lo sproposito che beccava a Los Angeles.