Meglio in dieci che con Paletta e in 9 e mezzo senza Verratti

Si può vincere anche giocando in dieci sin dal calcio d’inizio come ha fatto l’Italia in Amazzonia: lo diceva Liedholm, me l’ha confermato stanotte Prandelli. Il Barone era un grande: ha vinto persino uno scudetto con la Roma e faceva un Barbera d’Asti che non era niente male. Giacchetta invece si farà, ma intanto ha più culo di Righetto Sacchi, il che non guasta, e ha le spalle più strette del ragazzo di De Gregori. Se vuole, glielo trovo comunque io un bravo sarto di campagna che con pochi soldi gli confezioni un abito come dio comanda. A patto che il cittì di Orzinuovi, provincia di Brescia, si convinca a lasciare Paletta in albergo e non lo porti neanche in panca venerdì per la partita con la Costa Rica che ha gettato ieri nella miseria più nera gli uruguagi. Oltre che piangere, qualche volta i ricchi sanno anche ridere. Come Mario Balotelli che francamente non lo credevo capace di tanto e non lo vedevo così felice dai tempi in cui tirava dal balcone le freccette ai ragazzini del Manchester City e qualcuno anche lo prendeva giusto sulla punta del naso o in mezzo alla fronte. Evidentemente è proprio innamorato di Fanny che sposerà presto e alla quale ha spedito un mare di baci dal campo alla tribuna. E comunque vorrei vedere voi al posto suo: come si fa a sorridere, anche dopo un gol, se giochi nella squadra di Squalo Galliani e Barbara Berlusconi per giunta sostenuta dalla Santanchè? La quale, ultima nostalgica del vecchio regime, ha twittato: “In tanti urleranno ai Mondiali ancora Forza Italia”. Peccato che pure Cesare Prandelli abbia votato alle primarie e alle Europee l’amico Renzi e che insieme le potrebbero anche gridare: “Ma perché non ti spari?”. Ho deragliato. Tranquilli, torno sui binari. Dicevo di Paletta che, santo dio, avrà anche un nome e che invece tutti chiamano Paletta e basta. Come Lucianone Moggi da Monticiano, provincia di Siena, quando faceva il capostazione a Civitavecchia. Vi aiuto io: si chiama Gabriel come Batistuta e viene da Buenos Aires, ha preferito il BelPaese all’Argentina e per questo Alejandro Sabella gli sarà per tutta la vita grato. Però mica è sua la colpa se l’Italia ha giocato in dieci per novanta minuti (più recuperi), ma di chi l’ha tenuto ostinatamente in campo nonostante persino la mia Tigre, che non ha visto la partita preferendo seguire la millesima puntata del Gambero rosso, si fosse accorta che Sterling per dribblarlo non avesse davanti a lui neanche un paletto da saltare, ma solo una corsia preferenziale da prendere tutta di filata. E nonostante Sturridge lo abbia facilmente scherzato in occasione del gol del pareggio anglosassone. Al punto che qualcuno si è anche ad un certo momento domandato: ma non sarebbe stato meglio allora giocare in dieci così almeno Chiellini, nella difesa a tre, non sarebbe più stato un pesce fuor d’acqua proprio come Diego Costa nella Spagna? O, meglio ancora, in nove e mezzo, come nel film con Mickey Rourke e Kim Basinger, visto che per quasi un’ora, prima d’essere sostituito da Thiago Motta, il buon Marco Verratti ha solo pestato i piedi a Pirlo e De Rossi e clamorosamente ogni volta ritardato il gioco d’attacco e in verticale degli azzurri?