L’edicola del centro ieri ha venduto una Gazzetta solo a me

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Gli esami non finiscono mai. E’ proprio vero. Senza scomodare il grande Eduardo. O anche solo Biagio Antonacci. Banalmente oggi ho fatto quelli del sangue. Ormai una routine. La notizia del giorno non è del resto questa. E nemmeno quella che, già che c’ero, ho fatto pure la raccolta della pipì delle ultime ventiquattr’ore. E’ piuttosto che non uscivo di casa dalla seconda domenica di Quaresima (8 marzo) e in macchina da almeno un paio di mesi. Tanto che l’ho trovata così impolverata che sembrava uscita dal deserto di sabbia di una Parigi-Dakar. Eppure è nuova di zecca, la mia cara Jaguar nera, modello E-Pace, che ho comprato (a rate) alla fine dell’anno scorso, ma con la quale sinora ho fatto quattrocento chilometri. O forse anche meno. Domanda (pertinente): cosa allora l’hai comprata a fare? Risposta-1 (scontata): perché voi l’avreste immaginato che sarebbe scoppiato a fine inverno tutto questo casino? Risposta-2 (irriverente): saranno anche cazzi miei? Risposta-3 (onesta): perché è così meraviglioso che di me dicano che sono un trinariciuto con il cachemire e la Jaguar. E con la pompa d’acqua, i guanti e la mascherina, per darle una bella lavata in giardino ed essere almeno più presentabile di Mauro Corona che non so come faccia a piacere a Bianc(hin)a Berlinguer. E sono volato a digiuno in ospedale. Dove mai avrei immaginato di dovermi sottoporre a tanti controlli per un normale prelievo di sangue dal braccio sinistro. E comunque avevo paura e l’ho confessato all’infermiera mentre stava cercando una vena per l’ago. Lei è fortunato, mi ha detto gentile, perché ha compreso che con questo virus c’è ben poco da stare allegri. E da scherzare. Anche se capisco Gene Gnocchi che non rinuncia alla battuta quotidiana sul giornale sportivo di Mamma Rosa e Papà Urbano che vuole spedire una quarantina di giornalisti in cassa-integrazione: “Ieri Suning ha ordinato un milione di mascherine: serviranno per tappare la bocca a Lukaku”. O Maurizio Crovetti nella penultima pagina di Repubblica che oggi non era in edicola: “Il virus si può trasmettere anche con i colpi di testa. “Io faccio prevenzione, non la uso mai”, ha detto Balotelli”. Repubblica non era oggi in edicola perché Carlo Verdelli non è più il suo direttore e i giornalisti della redazione ieri hanno deciso di scioperare non comprendendone giustamente la ragione. Che, se volete, gliela spiego io: Carlo Verdelli non è solo un intertriste storico ma è anche un comunista che mangia i bambini e quindi a John Elkann, fratello di Lapo, un quarto d’ora dopo essere diventato presidente dell’ex Gruppo Espresso non è parso vero di licenziare, sfoderando uno dei suoi angelici sorrisi, il direttore sotto scorta che, in piena emergenza Covid-19, aveva rivitalizzato un giornale che a Salvini e alla Meloni andava di traverso. E per questo aveva ricevuto minacce di morte dalla destra populista e reazionaria, ma che soprattutto, quand’era alla guida della Gazzetta, aveva dato una spinta alla Juve di Buffon e Del Piero, Cannavaro, Zambrotta e Camoranesi, freschi campioni del mondo, perché rovinasse giù dal burrone in serie B con 30 punti di penalizzazione poi ridotti a 17 e infine a 9. Posso dire? No, forse è meglio che mi morda la lingua, però ci sono momenti nella vita nei quali non capisci sino a dove può arrivare la tua passione per una squadra di pallone senza provare vergogna per i suoi padroni e quindi anche per te stesso che spesso li sostieni. Come oggi è successo a me, gobbo maledetto, pensando all’avvocato Gianni Agnelli, che era il nonno di John e Lapo Elkann, cugini di Andrea, di quanto ci tenesse a quello che con lui e Boniperti era lo stile Juve calpestato in questa occasione, più che in altre, da questo nipote con la faccia da cherubino e il cinismo di uno sciacallo. Anche perché Carlo Verdelli era davvero un bravo direttore non di facciata ma di sentinella quattordici ore al giorno e anche una buona penna. Andatevi infatti a leggere la sua prefazione al libro andato a ruba e uscito la settimana scorsa sul “Mondo di Gianni Mura” attraverso i suoi racconti, le storie, le interviste e le rubriche. E poi ditemi se non è stato il più riuscito tra i coccodrilli scritti sul fuoriclasse del nostro giornalismo che è mancato poco più di un mese fa e che anche lui, ne sono certo, si sarebbe ribellato a questo assurdo licenziamento su due piedi. Anche per questo motivo i giornali vendono sempre meno e le edicole chiudono, gli editori tagliano teste e le redazioni sono sempre più misere, i giovani non leggono niente di niente e i vecchi sfogliano i giornali al bar sul frigo dei gelati. Un mestiere di giornalista che va scomparendo e un altro di pennivendolo, come il mio, che pure durerà ancora poco se oggi, girando per il centro di una città lunare come è diventata la piazza di Mestre in questi giorni di coprifuoco, le botteghe, i bar e i negozi tutti chiusi, a parte la tabaccheria vuota, mi sono fermato a salutare l’amico giornalaio che ogni mattina m’infila il Corriere, la Repubblica, la Gazzetta, il Fatto e il Gazzettino sotto al portone. Al quale per pura curiosità ho chiesto quante Gazzette avesse venduto ieri. “Non mi crederai, ma me ne hanno mandate tre. Di cui una l’ho data a te e le altre due le ho restituite alla distribuzione”. E mi è quasi venuto un coccolone temendo che tra non molto non potrò più prendere per il cesto Mamma Rosa e dunque al mio Scacciapensieri mancherà il bersaglio preferito dopo la Banda Osiris di Ciccioblack Tranquillo che pure è alla canna del gas e non la bada più nessuno. E quindi finirà magari che pure mi sparo.