L’allenatore di quest’anno? Cominciate a pensare a Caja

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Scusate, ma adesso non vale: siete arrivati fuori tempo massimo. E avete perso non solo l’ultimo treno, ma persino la possibilità di mettervi in lista d’attesa per saltare sul prossimo carro dei vincitori. Perché è troppo comodo dire oggi che Attilio Caja è un signor mago dopo che ieri a Masnago ha coperto di ridicolo la gran Milano di Giorgio Armani e dopo che otto giorni prima aveva a Venezia sculacciato i campioni d’Italia di Napoleone Brugnaro. Bisognava farlo almeno al giro di boa. Quando l’Openjobmetis, o come cavolo si scrive, non ce la farò mai a ficcarmelo nella zucca, aveva invece l’acqua al collo e Mamma Rosa ha cercato lo stesso impietosamente d’affogarla nonostante l’allenatore pavese non le chiedesse altro che gli fosse lanciata (“per favore”) una ciambella di salvataggio. O forse non è vero che la Gazzetta, in data 16 gennaio, l’ha bocciata con un quattro e mezzo, scritto per esteso, e cioè con il voto più basso in pagella di tutta la serie A assieme a quelli di Pistoia, Capo d’Orlando e Pesaro? Non per vantarmi perché non ne ho bisogno e sono pieno di difetti più di una zuppa di fagioli che, bollendo, tracima dalla pentola, ma qualche pregio spero anche di averlo: per esempio ho una memoria d’elefante. E mi ricordo benissimo, pescando tra i mille ritagli, che dopo l’Epifania e dopo la dignitosa sconfitta di Varese al PalaRadi di Cremona, contenuta anche nel punteggio (80-72), senza nemmeno una guardia americano da due soldi che avesse nel frattempo sostituito Antabia Waller, quindici balordi, che impropriamente si erano definiti ultras, sono saliti sul pullman della squadra di Artiglio e hanno preso per il collo il povero Claudio Coldebella minacciandolo di chissà cosa. E li chiamano ancora tifosi quando meriterebbero invece un Daspo da qui al duemila e cinquantotto e d’essere sbeffeggiati anche dai monelli sulla pubblica piazza. Varese, che è il club col secondo budget più povero d’Italia dopo Pesaro, ha dominato Milano per tutto l’incontro. Come aveva già fatto con la Reyer. Ma a Venezia i meriti erano stati quasi tutti attribuiti a Matteo Tambone che di punti in effetti ne aveva messi insieme la bellezza di 17 partendo dalla panchina. Tanto che si è stramerito da Mamma Rosa un 7.5 per il suo record in carriera che fa molto più fico chiamare carrier high scimmiottando Ciccioblack Tranquillo e compagnia bella, ma che in fin dei conti è la stessa minestra. E comunque non ho niente da eccepire. Se però anche mi dite che l’Openjobmetis, sperando d’averla scritta bene, ha legato mani e piedi all’Ax o all’EA7, insomma ci siamo capiti, perché ha avuto un Cameron Wells (23 punti) stellare e un Aleksa Avramovic (quattro triple di fila) straordinario, per carità applaudo entrambi, ma anche m’arrabbio perché sono perfettamente d’accordo con Gianmarco Pozzecco che il capolavoro dei capolavori l’ha fatto, sia in laguna che ieri sera, un uomo solo al comando: Artiglio Caja. Poche storie. Il quale, ve lo ripeto per l’ultima volta, a Varese ha moltiplicato i pani e i pesci e dal cilindro ha estratto così tanti conigli che ora Toto Bulgheroni per accontentarli tutti dovrà ordinare un container di carote. Perché è anche bene che si sappia che l’estone Siim-Sander Vene è arrivato da Reggio Emilia e se lo paga quasi per intero la Grissin Bon nella quale per altro non ha mai giocato. O che l’ultimo arrivato in sostituzione di Waller giocava a Liegi e non nei Lakers. E si chiama Tyler Larson, 26 anni compiuti a San Silvestro: insomma un perfetto sconosciuto. O poco ci manca. Anche se è un discreto giocatore. E comunque, tanto per capirci una volta per tutte, guadagna 6.000 dollari al mese. Ovvero quelli che una qualsiasi guardia-play americana della Milano senza sorrisi e senza cuore di Simone Pianigiani intasca in un paio di giorni. Quando le va proprio male e ha ancora il coraggio magari di lamentarsi. Insomma è molto presto, domani è l’ultimo giorno di gennaio, ma se già cominciaste a pensare ad Artiglio come il prossimo miglior allenatore della stagione 2017-18 io dico che comunque non fareste uno sbaglio. Anzi. O volete votare ancora il Patata di Capo d’Orlando?