Il Pupone e Il sergente Garcia: uno più scoppiato dell’altro

Incredibile! Quante volte lo avrà urlato ieri sera Sandro Piccinini? Ho provato a contarle come le pecorelle, ma mi sono fermato a cento all’inizio della ripresa, prima anche del gol di Nasri, “sciabolata-palo-rete”, che è stato per Piccinini almeno quattro volte “incredibile!”. Ovviamente con il punto esclamativo che non piace a Gianni Mura e un giorno o l’altro dovrebbe anche spiegarmi la ragione. Sono spesso molto più irritanti i suoi cattivi pensieri. Come quelli di domenica sulla memoria. Anagrammabile e percorribile, “senza lasciare tracce (orme mai), navigabile (mio mare) cercando versi (amo rime)”. Ma quando le pensa queste cose? Al venerdì con la trippa sullo stomaco? Il guaio è che al sabato le scrive. Fidatevi: è molto meglio un amaro (per digerirle). Con un gran bel punto esclamativo di seguito. Però per onestà devo anche dire che l’attenzione che ha avuto Gianni per una pagina dell’Avvenire di giovedì scorso merita, poche storie, un dieci e lode. Parlava di Charlie Yelverton, il mio idolo ai tempi dell’università. Col quale ho avuto la fortuna d’andare a cena l’anno scorso in una pizzeria di Siena dopo una partita di EuroLega. Francamente non ricordo cosa lui abbia mangiato. Se non mi sbaglio una spaventosa insalata con dentro di tutto. Forse pure il panforte coi candidi e le olive nere. Ma ero in estasi e in contemplazione. Anche se in fondo abbiamo la stessa età: lui sessantasei anni, io solo uno in meno. Incredibile! C’è poco da fare: le storie di basket m’attizzano e m’inzigano sempre più di quelle del pallone da prendere a calci e mai con le mani. A meno che non sei il portiere. Ma la pallacanestro sta diventando un orticello sempre più piccino, nel quale tutti gridano persino più forte di Sandro Piccinini e di Flavio Tranquillo a due gole, e per questo non ho più voce per farmi sentire. So però che la partita di basket della domenica sera me la posso registrare e tranquillamente vedere due o tre giorni dopo senza ancora conoscere il risultato finale. Come ho fatto martedì pomeriggio. Per Sassari contro Milano. Ha vinto l’Armani. Non lo sapevate? Lo sapevo. 111-112. E, già che ci sono, v’informo anche che le partite di palla nel cestino in Italia durano sempre 40 minuti effettivi e non 48 come nella Nba. Però si segna a più non posso. Sì, perché il basket che una volta con Yelverton era champagne, ora è diventato un tiro a segno: tre tiri un euro al Luna park delle vanità e dei vanesio. Ma torniamo a Canale 5: sto già male solo al pensiero che, se vorrò vedere in tivù la Juve negli ottavi di Champions a metà di febbraio e marzo, dovrò gioco-forza mettermi i tappi nelle orecchie per non sentire l’incredibile Piccinini con Aldo Serena in esclusiva e, ancora non bastasse, poi Marco Foroni con Righetto Sacchi in studio. Ma intanto corro a disdire uno dei due abbonamenti che ho con Sky che, se non mi mostra la Signora in Europa, cosa altro mi può dare? Forse la Formula 1 con Sebastian Vettel che già mette le mani avanti e dice “aspettatevi una Ferrari perdente anche nel 2015”. Evviva! Sì, proprio col punto esclamativo. A proposito di Marco Foroni, un mio amico dice che ha la voce da becco. Francamente non so quale voce abbiamo i cornuti perché non ne conosco uno che mi abbia confessato d’esserlo. So per certo che l’incredibile Marco ha una voce davvero incredibile (!). E che gesticola più del figlio di Piero Angela che ti indica la tazza del wc anche solo per dirti “devo andare in bagno”. Ma Foroni è peggio ancora: le mani, lui, se le frega, se le stropiccia e se le impasta freneticamente con le dita mentre parla. Come neanche un ebreo. In più non sa fare i conti. Ha detto infatti: “Se la Roma non avesse preso quel maledetto gol a Mosca all’ultimo minuto, si sarebbe qualificata con le mani (a proposito!) in tasca”. Peccato che anche con due punti in più in classifica i giallorossi ne avrebbero fatti comunque sempre uno in meno del City. O mi sbaglio? Così come penso che il Pupone Totti sia ormai arrivato al capolinea e che al massimo dovrebbe giocare, come Altafini e Del Piero a 38 anni suonati, l’ultimo quarto d’ora di una partita e non i primi dieci minuti come si deve. Quanto al giocatore più pagato d’Italia, cioè l’incredibile Daniele De Rossi, credo che per una volta abbia ragione Zeman quando di lui dice: “Bravo, bravissimo, ma in che ruolo?”. Già quale? Se lo chiede pure il sergente Garcia, sempre più scoppiato e stordito, pasticcione e confuso, le cui sciabolate di lingua alla Piccinini possono ferire al massimo un lombrico o un Lotito. Non certo la Juve o men che meno l’incredibile Zorro.