Da domani si fa come dico io. Ovvero? Magari lo sapessi. Nel frattempo ieri ho letto sul Corriere del Veneto che un cliente di una malga molto accogliente, adibita ad agriturismo e risparmiata per miracolo dalla terribile frana che si è abbattuta sulla frazione di Alverà, sopra Cortina, la notte del 4 agosto, non aveva apprezzato su TripAdvisor che “in un posto così incantevole” a servirlo a tavola de El Brite de Larieto fosse stata “una persona di colore con un costume ampezzano”. Credo che non sia neanche il caso di commentare l’accaduto, né di qualificare il personaggio, ma solo d’aggiungere che il quotidiano avrebbe anche potuto tranquillamente fare il cognome dello spezzino Fabio C. Di modo che la prossima volta in cui la ventunenne Saula Sà, originaria della Guinea Bissau e da anni cittadina italiana che vive a Verona, dovrà fare i conti con un poveraccio del genere, l’autorizzo io a rovesciargli tra capo e collo i canederli in brodo bollente magari sussurrandogli, gentile e sorridente, ad un orecchio ancora caldo: “Il signore è servito”. I danni poi li pagherò io con un assegno. Basta che mi dicano a chi intestarlo. Come a quella signora, pure (sgradita) ospite di Cortina, che al San Brite degli stessi proprietari de El Brite de Larieto, ha puntualizzato sempre sul popolare sito di recensioni turistiche e gastronomiche: “Ogni piatto viene spiegato da una cameriera che non è del luogo e non sa cosa siano i knoedel”. Ora a parte il fatto che i knoedel non esistono, ma i Knoedeln con la kappa maiuscola e la enne finale, come mi ha insegnato a scrivere mia nonna tedesca, proprio non riesco a digerire queste critiche da “foresti” che soggiornano qualche giorno nella splendida conca ampezzana e vorrebbero anche dettar legge, quando non comandano nemmeno a casa loro, soltanto perché hanno il portafoglio gonfio e al ristorante non vorrebbero essere serviti né da un’africana in costume tirolese, né da una cameriera con un leggero accento siciliano che i Knoedeln semplicemente li chiama gnocchi di pane e non si sbaglia. Oggi il Gazzettino e la Repubblica hanno ripreso la notizia con le solite ventiquattr’ore di ritardo rispetto al Corrierone come fa abitualmente con me l’Anonimo veneziano nei suoi disinvolti e insipidi articoli di pallacanestro, però almeno stavolta hanno scoperto il cognome del grande Fabio di La Spezia: Cenerini, capogruppo in consiglio comunale per la lista Toti-Forza Italia. E pensare che io lo facevo leghista o vicino a Cinque stelle. Che ormai la pensano eguale su troppe cose e si riconoscono sotto un’unica bandiera: quella del razzismo spicciolo ad un tanto al chilo. Dove il diverso è solo lo straniero. Come ha scritto Dacia Maraini. Che “nell’immaginazione dei razzisti è portatore di disordine e di violenza, dimenticando che teniamo in casa nemici ben più radicati e temibili che taglieggiano i cittadini, uccidono a sangue freddo, tengono a freno con i loro abusi lo sviluppo del Paese: mafia, ‘ndrangheta e camorra”. Il sale nella coda. Grazie Dacia.