La Juve dei mille record ha pareggiato in casa dopo 25 vittorie di fila allo Juventus Stadium. Prima o poi doveva accadere. E’ successo con la Sampdoria di Mihajlovic. Meglio che con l’Inter di Mancini nella sera dell’Epifania. Calcio d’inizio alle 21 e perché non a mezzanotte? Il segno ichs era in verità nell’aria già nel derby con il Toro matato all’ultimo secondo da un tiro della domenica di Pirlo tenuto inspiegabilmente oggi a riposo. Poi sono arrivati due brutti e amari 0-0: il primo a Firenze, il secondo in Champions con l’Atletico di Madrid che ad Atene hanno malignato avesse anche il retrogusto del biscotto. Con questo, per carità, non voglio assolutamente dire che i bianconeri di Acciuga Allegri non riescono più a vincere o, peggio, che sono più cotti dei prosciutti di Parma. Però nemmeno vorrei che chiudessero questo 2014 con l’ultimo successo datato 30 novembre. Significherebbe infatti sino alla Befana un digiuno lungo più di un mese o, restando in tema, più di una calza di Pippi Calzelunghe. Oltre alla perdita di un primo posto in campionato che è solo della Juve, se non sbaglio, e non sbaglio, dal 24 novembre del 2013. Quando vinse 2-0 a Livorno con gol di Llorente e Tevez e contemporaneamente la Roma raggranellò con lo 0-0 contro il Cagliari il terzo dei suoi quatto pareggi di fila e il secondo consecutivo all’Olimpico. Corsi e ricorsi storici? Vedremo. E comunque non badate ai sapientini come Beppe Bergomi che affermano che al di là di ogni più ragionevole dubbio gli scudetti non si vincono battendo le grandi squadre, o presunte tali, ma castigando le piccole con le buone o con le cattive. Di sicuro si perdono piuttosto se ti riempi la pancia di pareggi perché, lo sa anche mio nipotino che non va ancora alle elementari, che guadagni un punto in classifica se in due partite una la vinci e l’altra la perdi piuttosto che pareggiarle entrambe. Ne è un’eccellente dimostrazione proprio la Sampdoria che in quindici giornate è sinora caduta solo una volta, come la Juve, nel turno infrasettimanale del 29 ottobre, costato caro pure ai bianconeri, sconfitti 2-1 a Marassi dal Genoa, quando i blu cerchiati furono beffati 1-0 a San Siro al novantesimo da un calcio di rigore molto discusso e realizzato da Icardi che nell’occasione salvò temporaneamente la panchina a Walter Ego Mazzarri. Ma la Samp ha pareggiato otto volte, contro le tre dei campioni d’Italia, ed infatti è staccata di dieci punti dalla Juve. Scimmiottando Sconcertino Sconcerti, al quale piace sempre la domenica dare i numeri, la Signora d’Andrea Agnelli, braccino corto, e del fido Marmotta, che deve essere in letargo perché non l’ho visto protestare energicamente a bordo campo dello Juventus Stadium contro il modesto arbitro come ha invece fatto Pavel Nedved, luce dei miei occhi. Aveva, dicevo, la Juve 40 punti dopo quindici giornate dello scorso campionato, tre più dei giallorossi e quattro più di quest’anno. Non solo. La Divina del Conte Antonio ha poi vinto anche le ultime quattro partite del girone d’andata che ha chiuso a quota 52, irraggiungibile da questa, con una spaventosa serie di risultati molto pesanti: 4-0 al Sassuolo, 4-1 a Bergamo, 3-0 alla Roma e 4-1 a Cagliari. Dove la squadra del Conte Max andrà a giocare giovedì con il rischio, come ricordavo prima, di perdere il primato in classifica che detiene da quasi tredici mesi qualora pareggiasse ancora e i giallorossi domenica mettessero sotto anche il Milan dopo il Genoa. Tutto questo per mettere i puntini sulle i ed imbottire almeno di fosforo la memoria corta degli sbadati. Ma soprattutto perché i tromboni non mi rompano più i timpani con la storia della Juve di Allegri superiore e migliore di quella di Conte. Forse nel gioco, ma non mi sembra, e comunque non nei numeri. Non potendone proprio più di questi paragoni che non stanno né in cielo né in terra. E sono semmai da bar Sport. O da locanda da Rinaldo in campo. Più che da quotidiani nazionali. O da televisioni bizantine.