Chi ce l’ha più piccolo tra i cinque grandi manager?

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Avrei voluto parlare solo di un’EuroLega che m’appassiona molto più del circo Nba che, prima dei playoff, è una entusiasmante pagliacciata di foche con la palla sul naso e di leoni con le ali ai piedi. Insomma una gran messinscena. Sono riuscito subito a scandalizzarvi? Era questo l’obiettivo. E adesso? Vado avanti per la mia strada sperando nel frattempo d’aver lasciato a terra, sgomenti e incazzati (ovviamente) neri, i piccoli fans di Ciccioblack Tranquillo e della sua Banda Osiris ai quali viene a mancare la bambola d’ossigeno se non sono legati mani e piedi al basket stellare di LeBron James e Steph Curry. Che mi dà un fastidio che nemmeno potete immaginare quando mastica sguaiatamente il suo paradenti. Dicevo che mi sarebbe piaciuto occuparmi solo dell’EuroLega che da martedì a venerdì ha proposto ogni sera su Sky un paio di partite che sono state una meglio dell’altra e quasi tutte emozionanti sino al suono della sirena. Cominciando da Bamberg-Real Madrid e la meraviglia dell’ultimo canestro di Sergio Llull, con quattro elle, ma anche dieci se volete, in sottomano per i due punti della vittoria. Continuando con Stella Rossa-Panathinaikos e il settimo miracolo di fila della squadra di Charles Jenkins che l’anno scorso ha vinto lo scudetto con l’Armani, ma è stato rispedito subito a Belgrado perché non aveva un buon feeling con Gelsomino. Finendo con la stessa Milano alla quale non riescono le ciambelle con il buco neanche quando Repesa indovina eccezionalmente l’impasto tra stranieri e italiani. E vi dovrei anche raccontare del Fanfulla che mi ha telefonato da Lodi per dirmi che non ne può più delle urla di Jerry De Rosa dal Forum che ogni volta gli svegliano la bambina che dorme. Ma come faccio a trascurare il nostro orticello, correndo dietro al buon basket d’Europa, se adesso i manager della serie A si sono messi a far a gara a chi ce l’ha più piccolo e nemmeno se ne vergognano? No, non parlo del pisello: cosa avevate capito? Ma del budget. Nemmeno ormai contasse solo questo. Per la verità ha aperto il contenzioso Nicola Alberani, il diesse forlivese della Sidigas, e poi tutti gli altri gli sono andati dietro pure a costo di tirarsi giù le mutande in pubblico. Il che non mi pare neanche bello. Il dirigente dell’anno 2016 va infatti sostenendo d’essere molto meno dotato dei suoi colleghi di Milano, Venezia, Reggio Emilia e Sassari dopo che ha perso Marco Cusin per un paio di mesi e magari non ha più i soldi per sostituirlo. Il che sarebbe comunque difficile visto che i lunghi magari nemmeno li trovi sui banchi del mercato. Così come non ci piove che Lupo de’ Portaluppis ce l’abbia più grande di tutti e quindi sia fuori classifica almeno in Italia. Come del resto Rocco Siffredi nel mondo. Ora, a parte il fatto che non è neanche carino fare i conti in tasca agli altri per poi dire: noi siamo i più poveri però anche i più bravi, mi piacerebbe conoscere l’ingaggio di Joe Ragland e, già che ci sono, pure quello di Kyrylo Fesenko che spesso non entrava nel primo quintetto di Avellino perché Sacripantibus gli preferiva proprio Cusin. E così poi vediamo se guadagnano più loro o Haynes e Peric o Needham e Cervi o Bell e Lydeka. Io dico che Ragland prende più di tutti i sopracitati, ma mi potrei anche sempre sbagliare e non ne farei comunque un dramma. Quanto ad Alberani rispondo che se ce l’ha più corto non è un problema della Reyer o della GrissinBon o del Banco di Sardara e nemmeno, credo, suo. Ma semmai di Pino Sacripanti che adesso magari teme di perdere il duello per il secondo posto con l’Umana, che ha per altro Stefano Tonut fuori uso sino a primavera, o d’essere raggiunto dai reggiani di Max Chef Menetti, che in quanto ad infortuni non sono quest’anno stati secondi a nessuno, o dai sardi e muti che, zitti zitti, stanno risalendo la china. Dirò di più: lo scorso maggio il diesse della Sidigas è stato giustamente proclamato dalla Lega il numero uno tra i nostri dirigenti non tanto perché aveva un budget da secondo o terzo o quarto o quinto posto, e Avellino è arrivata ad un soffio dalla finale dei playoff, quanto perché aveva avuto l’occhio lungo con Ragland, in verità pagato a peso d’oro, e soprattutto con James Nunnally, mvp della scorsa serie A, prelevato con due euro da una piccola squadra israeliana e oggi diventato anche l’arma letale di Obradovic per togliergli le castagne dal fuoco. E dunque che Alberani c’è l’abbia piccolo o grande non me ne importa un fico. Però, se ce l’avesse anche grosso, sarebbe ancora meglio. O sbaglio? A domani. In attesa che Avellino-Milano completi stasera le sfide tra le prime sei squadre della massima serie e poi di sicuro se ne riparla. Cominciando dal furto arbitrale ordito ai danni della Reyer a Capo d’Orlando sul quale ovviamente Sky e la Gazzetta non hanno messo lingua, ma mi sarei meravigliato solo del contrario.