Volpe e Volpi, Giannino e Matteo, padre e figlio

O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao. No, non è il popolo d’Israele che canta accompagnando l’Emporio Armani all’uscita dall’Euroclub. Per quanto blasfemo e poco patriottico che sia, non mi permetterei mai e poi mai un’insolenza del genere. Specie nei confronti di Luca Banchi che pure, in due partite su quattro contro il Maccabi, ha commesso una mezza dozzina d’errori da matita blu che un giorno o altro, se avrò tempo e voglia, gli (e vi) elencherò. Così cantavano in coro i bambini al centro della piazza del mio paese che farà anche il doppio degli abitanti di Venezia, ma sempre un paesello è per tradizione e mentalità. Come la nostra pallacanestro se penso che è governata ancora da Giannino Petrucci che stamattina mi ha già fatto inviperire non poco leggendo la rassegna stampa e in particolare un articolo sul Corriere dello sport a firma Francesco Volpe. Che spero non sia il figliolo del mio amico Jacopo. No, il vicedirettore di Raisport fa di cognome Volpi e non credo abbia un figlio così raccomandato che fa il nostro mestiere e che soprattutto scriva certe stupidaggini senza pensarci un po’ sopra ohibò. Il figlio di Giannino, per esempio, lavora a Sky e non so se ce l’abbia messo papà: non m’interessa neanche un po’. Tanto per far rima con ohibò. Matteo è poi bravo e di basket ne capisce pure, al contrario del gran padre che un giorno licenziò Sandro Gamba, campione d’Europa in carica nel 1983 a Nantes e Limoges, per affidarla al Vate Valerio Bianchini che più in là di uno stiracchiato quinto posto non andò. E soprattutto, facendo tutti i santi giorni lo spogliatoio della Lazio, al caro Petrucci junior, di fervida fede biancoceleste come il papà, ex presidente del Coni (e di tutto e di più da 30 anni), non sarebbe assolutamente venuto oggi in mente di ficcare il naso nelle cose della Roma del sergente Garcia. Né oggi, né domani, né mai. O no? Ohibò.