Se questa sarà sempre l’Armani non c’è trippa per gatti

pozzecco messina

No, su Rai Play mai. E men che meno sul pc (personal computer). Io la partita dei playoff non la guardo. Per vedere poi cosa? La prima semifinale del Forum commentata da un giovane prelato, pardon, lapsus freudiano, pelato con la barba, d’origini polacche, di cui dopo otto anni ho finalmente imparato a scrivere sia il nome che il cognome? Edi Dembinski. O almeno lo spero che vadano scritti così. Somaro quale sono. Che ha ormai scambiato il giorno per la notte. Cioè sto sveglio la notte e dormo, se ci riesco, di giorno. Dura minga, dura no. Come dicevano Ernesto Calindri e Franco Volpi nel mitico Carosello della China MartAlini degli anni sessanta o giù di lì. Difatti sta per cominciare Armani-Banco di Sardara su Eurosport 2, in fondo sono appena le sette meno un quarto della sera, sta per scaricarsi un temporale tremendo che mi distruggerà tutte le ciliegie di cui vado matto, soffia un vento che ribalta gli uomini per strada, la Tigre è andata a Messa senza l’ombrello e io cosa fò? Sbadigliando come un ippopotamo mi rituffo nel letto prima che m’addormenti con la testa sulla tastiera dello stesso computer sul quale avrei dovuto seguire il big-match di Milano. Come consigliava Alessandra De Stefano (Cinque Stelle), la nuova responsabile dello sport di Saxa Rubra, che viene pure lei dal Ghiro d’Italia come il suo predecessore, Auro Bulbarelli (Lega Nord), e che mai avrei pensato potesse detestare la pallacanestro persino più di lui che preferiva una banale carambola a tre sponde con l’accosto ad un alley-oop pauroso come quello di ieri sera der Monnezza Teodosic per la schiacciatissima di Jaiteh.

Qualcuno che non mi conosce potrebbe ora pensare che lo stia prendendo in giro se gli giuro che ho preso subito sonno di pacca e che non ho nemmeno sentito i tuoni che facevano tremare i vetri delle finestre. Tanto che, quando la Tigre mi ha svegliato per la cena, saranno state le venti e trenta e io gli chiesto un caffellatte credendo che fosse l’ora della prima collazione. Caso mai se c’è qualcuno che qui ci sta prendendo tutti per il cesto è proprio questa napoletana che da sette mesi dirige Rai Sport e che aveva promesso alla Lega di Umberto Gandini di rilanciare il nostro basket come dio comanda. Cioè trasmettendo su una sua rete ammiraglia la partita di cartello del weekend come era o,  meglio, è stata stasera gara 1 di semifinale tra l’Olimpia Milano e la Dinamo Sassari. Che ha invece sbattuto senza riguardo su Rai Play. Ma se la guardi lei e le vada pure di trasverso, le avrei allora risposto io mandandola pure al diavolo. Come credo e spero abbia fatto anche il presidente Gandini magari con lo stile e l’eleganza che lui ha. Diversamente da me.

D’accordo. Non è che ieri sera Virtus-Derthona sia stata vista da più di 130.000 spettatori, ma questi sono i numeri che fa abitualmente Raisport quando non si diverte anche ad oscurare le partite per ottenere chissà poi quali pro. E comunque nessuna paura. Io mi registro tutto e quindi a qualche ora del giorno e della notte vi racconterò come sono andate le cose oggi al Forum. Anche a costo di vedere solo domani in abbondante differita la finale di Champions a Parigi tra il Real d’Ancelotti e il Liverpool di Klopp. Tifando per il Carletto, mi pare ovvio, che era grande amico d’Albertone Bucci che con la Granarolo dell’avvocato Porelli vinse nell’84 lo scudetto della stella virtussina battendo la Simac di Peterson nella bella delle belle che si giocò nel palasport di San Siro che poi d’inverno crollò sotto il peso della neve forse anche per l’eccezionalità dell’evento che non è stato tuttavia inferiore al cappotto (4-0) che l’anno scorso la Segafredo di Djordjevic ha rifilato all’Armani di Ettore Messi(n)a che se l’è legata al dito. Tanto che nessuno mi toglierà mai dalla testa che Sasha Djordjevic sarebbe stato il cittì azzurro dopo MaraMeo Sacchetti se la decisione l’avesse presa Giannino Petrucci e non il president-coach delle scarpette rosse che si era già stufato d’avere Gianmarco P(r)ozzecco sempre appiccicato al suo fianco come nella foto e l’ha allora scaricato in nazionale. Prendendo così due piccioni con una fava.

E quindi adesso ci vediamo insieme la partita su Eurosport ad un patto però. Che domani non scriverò una sola riga di sport nemmeno se mi puntate una pistola alla tempia. Patti chiari, amicizia lunga. Tanto il Ghiro d’Italia l’ha già vinto sulla Marmolada l’australiano Jai Hindley mentre tutti i santoni della bici avevano pronosticato l’ecuadoriano Richard Carapaz. E anche Jannik Sinner potrà riposare tutto il santo giorno come me dopo essersi guadagnato l’accesso agli ottavi di finale del Roland Garros battendo in tre set Mackenzie McDonald pur con un ginocchio malconcio che però non lo preoccupa più di tanto. Bene. Saltando a piè pari gli inutili preamboli di Guido Bagatta un po’ invecchiato con il classico fazzoletto blu che gli esce dal taschino della giacca abbottonata, lasciatemi dire ancora una cosa soltanto all’egregio direttor De Stefano: se Alessandro Covi, di cui mi si perdoni l’ignoranza ma non ne conoscevo l’esistenza prima d’oggi, è stato il protagonista assoluto del tappone dolomitico per tutto il pomeriggio su Raidue dopo una fuga per altro solitaria di 53 chilometri scalando il Pordoi (Cima Coppi) e non impiantandosi sul muro che da Malga Ciapela portava al traguardo del Passo Fedaia, io sarò anche uno stupido fanatico della palla nel cestino, ma al confronto le probabili finali al meglio delle sette partite tra la Segafredo e l’Armani dovrebbero essere tutte trasmesse su Raiuno e non ad orari indecenti. E nemmeno gratis. Altrimenti vada pure a quel paese. Dove sapesse quanta gente che ce sta.

Per la verità mi è sconosciuto anche il telecronista Davide Fumagalli, o quasi, ma per fortuna c’è Andrea Meneghin che lo prende per mano e l’accompagna. Arbitrano Lanzarini, che piace a tutti meno che al Messi(n)a, forse perché sa che da bambino era virtussino, Quarta e Vicino che alza per l’ultima volta in carriera la palla a due tra i magnifici Hines e Bilan. Difese leggerine e distratte: c’è gloria allora un po’ per tutti in attacco. Specie per Gigi Datome e Gerald Robinson Crusoe. Basket divertente, svelto, in equilibrio sino al 20-21. Quando Robinson con già 12 punti in saccoccia ha la lingua che tocca terra e chiede il cambio. A Shavon Shields, luce dei miei occhi sin dai tempi trentini, non par vero: si libera dalle catene e sono 32 punti (sic!) per Milano alla fine del solo primo quarto contro i 26 di Sassari compresa la tripla di Stefano Gentile allo scadere che fa incazzare per la prima volta e non poco il mai contento presidente-allenatore.

Le cifre dell’Armani sono pazzesche: 6/7 da due e 6/10 da tre in dieci minuti. E zero rimbalzi offensivi che tanto non servono quando non sbagli quasi mai un tiro. Già cinque stoppate di Kyle Hines e 9 assist di squadra contro i 3 dei bancari sardi allibiti ma non ancora arrendevoli. All’inizio del secondo periodo si rivede sul parquet dopo un bel po’ di tempo Niccolò Melli, ma non è ancora al massimo e allora tanto vale rispedirlo prudentemente in panchina. Milano tocca anche il più 12 (46-34) e tiene sempre a distanza d’almeno otto punti Sassari con un Chacho Rodriguez imperiale e anche un Pippo Ricci molto duttile. Non c’è invece David Logan e questo è un bel guaio per Pierino Bucchi che, se possibile, è più serio e accigliato di Mes(s)ina. All’intervallo lungo (50-42) vi dico la verità ho preso sonno di brutto in poltrona e al risveglio ho ritrovato la solita arrembante e disinvolta Armani del primo tempo ora avanti di 20 punti (82-62) a cinque dalla fine dopo una schiacciata di Paul Biligha e un altro assist  geniale del professor Sergio Rodriguez. Come non mi è stato difficile immaginare. E invece, scorrendo rapidamente indietro le immagini col telecomando, le cose non sono andate proprio come pensavo. Perché ad inizio della ripresa sempre per merito di Robinson e Bilan, oltre che di Bendzius, Sassari si era addirittura avvicinata ad una lunghezza da Milano (50-49). Quando Messi(n)a ha chiamato time-out e ha dato una delle sue celebri lavate di testa a tutti senza guardare in faccia nessuno che hanno avuto l’effetto immediato di scuotere soprattutto il Benjamin Bentil a tre ante sotto canestro e di rimettere in quattro e quattr’otto le cose al loro giusto posto. Con Hines al quale Andrea Meneghin ha assegnato il premio d’mvp dell’incontro e un Melli che di partita in partita non potrà far altro che crescere. E’ finita così come doveva finire: 88-71 per l’Armani. Che se sarà sempre questa, ve lo dico subito: non ce n’è già più per nessuno. Neanche per i campioni d’Italia della Virtus.