Sarri, la fine annunciata di una leggenda metropolitana

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Quando Maurizio Crozza imita Pierre Moscovici è davvero irresistibile. E bravissima è la sua spalla, Andrea Zalone. Due fuoriclasse. Ma la satira non piace ai politici perché nasconde delle verità assolute sulle quali non ci sarebbe proprio nulla da ridere. E ancora meno ai padroni e ai direttori di rete che non vanno in cerca di rogne e praticamente l’hanno eliminata da quasi tutti i loro palinsesti televisivi. Per esempio, leggendo un ritaglio del Corriere che non so dirvi quanto vecchio sia, ma non molto, mi sono domandato che fine avesse fatto lo scomodo Corrado Guzzanti che per intelligenza e cultura se li mangiava tutti i suoi simili e ancora se li divorerebbe. Come i frollini che si sciolgono nel caffellatte. E comunque ci manca. A me e al grande Aldo Grasso come ha scritto in un suo ineccepibile A fil di rete che avevo per l’appunto ritagliato. Intanto il fratello di Sabina, pure censurata a suo tempo da Piazzapulita e da LA7, lo potrete vedere al cinema dal 6 dicembre in La mia pietra di Rolando Ravanello. Dove Guzzanti è il preside di una scuola elementare che organizza una recita di fine anno e per una volta straordinariamente è solo attore e non autore di una commedia satirica “scorretta, feroce e divertente” che non mi voglio assolutamente perdere. Parodiando Moscovici, il commissario Ue, Crozza sfotte in un francese tutto suo, se si può dire maccheronico, Cric e Croc. Ovvero Matteo Salvini e Gigetto Di Maio. Che nel suo presepe sono il bue e l’asinello. “Il bue con le corna e l’asinello perché non c’è verso che indovini un congiuntivo”. E il Bambin Gesù? Qui rispondo io: Giuseppe Conte. Al quale il vice grillino ha attaccato la congiuntivite. “Non so perché i giornali scrivino tutte queste cose” ha dichiarato ieri il nostro presidente del Consiglio in un rigurgito d’orgoglio da mesi e mesi sopito. Tempi duri per i satiri(ci). Checché se ne dica Cairo, che nasce pur sempre da una costola di Berlusconi. Non sarà il caso di dimenticarlo. In una succosa intervista rilasciata a Vanity Fair infatti Corrado Guzzanti salva solo Maurizio Crozza. “Gli altri vagano errabondi per talk show in cui c’è il momento nel quale parla il matto, tutti ridono istericamente e poi il conduttore dice “grazie, adesso torniamo alla cose serie”. Magari della politica e qui non so a voi, ma a me viene da ridere che più non smetto. Di palo in frasca perché il mio Scacciapensieri è fatto così, ma non lo cambierei con nessun altro (blog) al mondo. “L’Inter è tornata” ha oggi gioito la Gazzetta dimostrando d’essere come minimo a corto di fantasia. Questo titolone di prima pagina il quotidiano di Mamma Rosa e Papà Urbano l’avrà difatti già sparato almeno cento altre volte negli ultimi otto anni. Mentre dei tre peri che ha beccato Marx Sarri (nella foto, ndr) dagli Spurs, due nel primo quarto d’ora, non c’è traccia. D’accordo, è questa la prima sconfitta del Chelsea in Premier League, però intanto la squadra dell’inventore del calcio spettacolo in Italia dopo quello champagne di Gigi Maifredi e pirotecnico di Zdenek Zeman è quarto in classifica a sette punti dal Manchester City di Guardiola e a cinque dal Liverpool di Klopp. Scavalcato anche dal Tottenham di Pochettino. E non è che sia alla guida di un club squattrinato come Sarri raccontava fosse negli anni passati il suo Napoli che incantava le gazzette e Sky, i Garlando e i Condò,  gli esteti e i gonzi di Riace, ma non ha mai vinto neanche a tombola. Così quasi quasi, e sapete quanto mi costi, mi tocca dare ragione a Dio Aurelio De Laurentiis che se l’è tolto di torno non appena ha potuto prendere Carletto Ancelotti. Persino Marinella Marianella ha miagolato in diretta: “Ma è pure vero che fa giocare sempre lo stesso undici”. E non è che quest’anno abbia in panchina Tonelli, Giaccherini, Diawara, Maggio e Rog, oltre a Zielinski, Milik e Chiriches da lui poco (e male) utilizzati, ma come ieri Giroud, Pedro, Barkley, Fabregas, Christensen e Zappacosta. Mentre Paolo Di Canio, che sarà tutto quel che volete, ma è schietto e il migliore tra tutti quei pavoni gonfiati da Fabbbio Caressa, la pensa uguale al vostro pennivendolo da strapazzo che sommessamente vi consigliava d’andare cauti prima di gridare al miracolo Sarri. Che è bravo, non si discute, ma per i miei gusti si piange troppo addosso. E poi è monocorde e un cincinin fifone. E comunque non è il nuovo Messia del pallone almeno sino al giorno in cui non vincerà almeno a tressette. Fumando mille sigarette. Come cantava il mitico Fred Buscaglione.