Penso che un duello scudetto così non ritorni mai più

sardara

Le finali al meglio delle sette partite sono troppe. Anche perché al meglio delle cinque la Grissin Bon avrebbe già vinto con merito lo scudetto. Anche perché si gioca ogni due giorni ed è così dal 18 di maggio. Anche perché tra Reggio Emilia e Sassari c’è di mezzo il mare, come tra il dire e il fare, e il bel duello della palla nel cestino è diventata un’odissea. Che non è detto stavolta finisca con il trionfo di Ulisse. Che si è fatto un culo così per riabbracciare Penelope. Mentre i Proci facevano le ore piccole e non si staccavano mai dalle lattine di birra e dal poligono del tiro al bersaglio grosso. Eppure sapete cosa vi dico? Non vorrei che queste finali terminassero stasera o quarantott’ore dopo. Anche se è tornato il caldo africano e i due palazzetti sono quelli che sono: due scatoloni infuocati nei quali a mala pena si boccheggia. Anche se la truppa d’assalto del generale Max perde i migliori soldati per strada e stavolta di nuovo andrà alla battaglia contro i mori sardi senza Lavrinovic, il suo pezzo da novanta, e Fede Mussini che sta facendo gli esami di maturità con le stampelle. Anche se i nipotini mi aspettano in spiaggia per andare insieme a fare il bagno e costruire castelli di sabbia. A proposito dei quali volevo ricordare a Dembinski, o come cavolo si scrive, che Alberto Tomba è di Castel de’ Britti, ad un tiro di schioppo da Bologna, e non di Reggio Emilia. D’accordo, come dicevo, il caldo fa brutti scherzi, ma quello soffocante arriverà solo a fine mese e ieri sera si stava bene, almeno dalle mie parti, anche con il pullover sulle spalle prima ancora che cominciasse a diluviare. Ed è per questo che nemmeno Stefano Sardara ha giustificazioni quando minaccia di ritirare la squadra se sentirà ancora tre o quattro Salvini di turno gridare buuu al suo magnifico Lawal. Questa ultima sfida tricolore del nostro piccolo basket è stata bella anche perché gli ultras delle due fazioni non si sono mai fatti la guerra. Anzi, si sono sempre voluti bene. E vincitori e vinti sono poi andati a bere insieme nel terzo tempo. E allora mi sembra il presidente della Dinamo, persona peraltro che stimo molto, pur non conoscendolo, ma per sentito dire, quello che s’aggrappa al primo salvagente che gli capita a tiro perché ha l’acqua alla gola, ma ancora non gli hanno confessato che la ciambella potrebbe avere anche un buco nella camera d’aria. Alta o bassa pressione dell’anticiclone, Reggio Emilia e Sassari hanno avuto comunque il merito d’aver riavvicinato molta gente alla pallacanestro e ad uno sport che tutti sappiamo possa essere il più spettacolare e appassionante di questa terra senza che me lo strilli nelle orecchie Cicciobello Tranquillo. E senza Milano o Bologna o addirittura Roma in finale tra le palle. Come sino all’altro giorno hanno sempre sostenuto i quotidiani di queste tre città che non potevano sopportare i trionfi di Siena capitale. Il basket di provincia invece piace, anche se i livelli tecnici sono quelli che sono, cioè assai bassi, quando è però giocato con il cuore in mano e con coraggio. E la gente lo capisce, s’appassiona e guai a chi glielo tocca. Un milione di contatti televisivi sono tantissimi se pensate che le partite della Nba di Sky non sono seguite neanche da ventimila utenti durante la regular season. Quando vincere o perdere conta poco o niente. Ed è tutto molto finto. Come il wrestling. Addirittura – ho letto – Raisport ha registrato il doppio degli ascolti dello scorso inizio d’estate. Quando ha vinto lo scudetto l’Armani. Benpensanti da strapazzo, invece di tentare una pericolosa inversione a u, fate allora una cosa soltanto: statevene zitti e buoni in disparte. E imparate una volta per tutte ad ascoltare in silenzio i battiti del cuore di giganti che non saranno affascinanti come LeBron James ma hanno dentro qualcosa di speciale e di diverso. Come l’avevano Ress e Stonerook e adesso ce l’hanno Cinciarini e Kaukenas. Per non parlare di Ricciolino Della Valle, luce dei miei occhi, o di Polonara che qualche volta ho scritto con due elle ma che ora mi ha convinto volentieri a cospargermi il capo di cenere. Un caro amico che è nato a Mestre, è cresciuto a Reggio Emilia e vive a Bologna, e non fatemi aggiungere altro perché altrimenti lo riconoscete tutti, mi ha confessato che se la sente che stasera la Grissin Bon sarà campione d’Italia. Credo però che si sbagli. Anche perché ho prenotato un posto in prima fila venerdì al PalaBigi. Stufo come sono di sentire le stupide cifre sparate a mitraglietta da Edi, E.T. e Di Bella. Sperando che pure Sardara nel frattempo non ci rovini la festa e comprenda che la mamma dei razzisti non solo è sempre incinta ma anche li partorisce. E che purtroppo siamo il Paese più razzista d’Europa. Dopo la Polonia. Ma non sarà lui a cambiarlo.