Fontecchio era già della Reyer, ma è finito all’Armani

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Da che parte sto? Boh, sinceramente stavolta proprio non lo so. Dispiacendomene  anche un po’. Dal momento che non è da me, manicheo convinto, non prendere una posizione netta sulle cose e sulla gente. Affermano i saggi: i panni sporchi non si lavano in piazza. Ma se uno, come Livio Proli, ha un rospo in gola da cento giorni perché non dovrebbe sputarlo appena può? Tanto più che, giornalisticamente parlando, la sua sincera confessione di due pagine a Mamma Rosa ha svegliato di soprassalto la vecchia fattoria ia-ia-o caduta in letargo dopo la tragedia del preolimpico di Torino e il crollo di tutti i sogni a cinque cerchi. Così come è pure vero che Alessandro Gentile poteva tacere e non manifestare la sua insofferenza nei confronti di una Milano che in fondo non l’ha mai amato e l’ha pure spesso fischiato. Senza ragione. O no? Di certo Proli e Gentile erano pappa e ciccia sino alla notte del 13 giugno scorso. Quando a Reggio Emilia l’Armani ha vinto il suo secondo scudetto in tre anni e il figlio di Nando se ne uscì come una sparata che a molti, ma non a me, è sembrata intempestiva. In pratica disse a denti stretti: “Me ne vo”. Rovinando la festa al suo presidente e inevitabilmente guastando i rapporti tra i due. Ma purtroppo non aveva già fatto i conti con l’oste.

SGARBATAGGINE – Non per vantarmi ma perché le cose a volte le so, ho titolato il primo luglio su questo blog: “Gentile resta a Milano: D’Antoni non lo vuole più”. E nemmeno il Barcellona o il Cska o il Real. Il solito guerrafondaio, dissero di me e non mi badarono. Peccato che neanche l’Armani lo volesse più. Al punto che si fiondò subito su Simone Fontecchio e lo soffiò sotto al naso a Venezia. O forse mi sono inventato anche questo? Certo che no. Difatti ero venuto a sapere che il manager del giovane virtussino, Andrea Forti, era già stato a pranzo con Federico Casarin, il mio caro Pesciolino rosso, e con Walter De Raffaele, il livornese che per Proli è “un ottimo allenatore”. E i tre si erano alzati da tavola stringendosi la mano e brindando al nuovo reyerino che avrebbe fatto coppia per tre stagioni con Stefano Tonut. Se poi Fontecchio porterà lo stesso sul petto il marchio Umana, ma vestendo la maglia della EA7, anche questo, se volete, ve lo racconto in un lampo. Simone ha rispettato la volontà del padre Daniele e non della madre, Amalia Pomilio. E i due sono separati. Succede. Più difficile è invece comprendere come Napoleone Brugnaro abbia potuto digerire lo sgarbo che senz’altro gli ha fatto l’amico Proli. O forse il sindaco non è a conoscenza del fatto? Conoscendolo, è assai più probabile.

IL CAPITANO – Tornando a bomba, e senza dover arrivare a Roma, ma solo en passant confermando, come vi andavo pure dicendo da mesi, che Virginia Raggi avrebbe detto no alle Olimpiadi del 2024, “sarebbe una candidatura da irresponsabili”, non ci piove insomma che anche Proli e Gentile si volessero quest’estate separare. E quindi non mi meraviglio che gli abbia tolto la fascia di capitano e l’abbia stretta al braccio di Andrea Cinciarini. Però se devo essere sincero in fondo, e lo sono quasi sempre, non ho capito la ragione per la quale il presidente dell’Olimpia ha messo in discussione le qualità umane di Alessandro e il suo “senso del dovere anche lontano dalla società”. Il ragazzo sarà magari anche antipatico, soprattutto a chi non lo conosce bene, e non sarà nemmeno uno stinco di santo, ma la stoffa e pure la pasta sono senz’altro buone. Che poi Cinciarini sia più legato di lui alla gloriosa maglia di Milano questo un giorno Proli me lo dovrà anche spiegare. E comunque, nel frattempo, lo invito a chiedere informazioni del caso alla Grissin Bon di Reggio Emilia. Della quale il Cincia avrebbe dovuto essere il capitano nei secoli dei secoli. Amen.