Paolorossi un anno dopo: lo splendido ricordo di Porrà

paolo rossi

Dovevo scoprirlo da Max Allegri, e un po’ me ne dolgo, che il campo da calcio dell’isola di Sant’Elena, dove stasera tra un paio d’ore, dopo il tramonto del sole in laguna, giocheranno Venezia e Juventus, è più stretto di ben tre metri di tutti gli altri della serie A e per questo molto più terribile di quel che possono immaginare le sue lumachine. Povero Acciuga, non sa proprio più a cosa aggrapparsi per tener sveglio Escargot Rabiot, che s’addormenta più facilmente di Silvio Berlusconi in conferenza-stampa, e viva almeno la speranza di conquistare un quarto posto che ora dista sette punti, che non sono pochi, dall’Atalanta ed è diventato il massimo obiettivo di una squadra (sbagliata) che ha buttato alle ortiche questa stagione, pensate un po’, già ad agosto. Quando alla prima giornata vinceva 2-0 (gol di Dybala e Cuadrado) alla fine del primo tempo a Udine, è subentrato Ronaldo a Morata e soprattutto Szczesny s’è impaperato non una ma due volte permettendo all’Udinese di pareggiare il conto. O alla seconda (28 agosto) quando non è riuscita a rimontare la rete segnata da Mancuso al minuto 21 e ha perso in casa 1-0 con l’Empoli. “I miei giocatori non sanno quanto sia difficile giocare al Penzo”, ha dichiarato seriamente Allegri al microfono di Sky, che non può proprio vedere, un quarto dopo che il Mago Ozdoev, attaccante sempre mezzo rotto dello Zenit di San Pietroburgo, aveva sparacchiato nel quarto minuto di recupero la rete del 3-3 con la quale i campioni d’Europa del Chelsea hanno regalato il primo posto nel girone di Champions ai bianconeri. Primi o secondi, lo sa meglio di tutti il livornese, cambia poco: tanto la Juve può sempre beccare negli ottavi il Paris Saint Germain di Leo Messi o, se le andrà di lusso, il Salisburgo o lo Sporting che non è scritto da nessuna parte che siano più deboli di lei. Ad Acciuga, ora come ora, importa una cosa soltanto: battere prima di cena il Venezia e allora si è inventato di lasciare a Torino per punizione l’Arthuro brasiliano, che non avrebbe fatto comunque giocare, ma soprattutto questa storia dell’insidiosissima trasferta nell’isola di Sant’Elena che non sta assolutamente in piedi. Perché il Penzo non sarà largo come l’Olimpico, ma non c’è campo in serie A dove le squadre ospiti si sentano quasi come a casa loro. Perché in curva gli ultras fanno il tifo per l’Unione che appena fuori Mestre nemmeno sanno cosa diavolo sia, mentre in tribuna nessuno più s’azzarda a gridare “Venexia, Venexia, Venexia” e tra i distinti, oltre che morire dal freddo, trovano abitualmente posto gli zombi della laguna. Di più: non c’è oggi in Italia una squadra più fragile del Venezia di Paolo Zanetti che a Sant’Elena ha perso persino con Spezia e Salernitana, viene da tre brutte sconfitte di fila nella quali ha subito dieci reti, ha Okereke out sino al prossimo anno e capitan Ceccaroni squalificato, ma soprattutto domenica ha beccato una di quelle tegole nel derby con il Verona (da 3-0 a 3-4) che non le basterà un mese sul lettino dello psicologo per rimettersi un po’ in sesto. E quindi Max Allegri magari può prendere per il sedere Fabiana Della Valle della Gazzetta o Ambra Angiolini, che nemmeno in verità si meritava, raccontando a loro tutte le balle che vuole, ma non può inventarsi insidie che non ci sono: o batte l’Unione, cioè il Venezia-Mestre, o è forse il caso che, uscendo dal Penzo e dando l’addio al quarto posto e alla prossima Champions, si butti giù dal ponte in canale insieme a tutta la squadra e a Pavel Nedved. Vergogna delle vergogne. Al di là del gioco bello o brutto confezionato da un centrocampo comunque ridicolo. Perché, come ha detto martedì anche Carletto Ancelotti dopo i due peri che ha fatto ingoiare all’Intertriste “le partite non le vinci con il possesso palla ma se fai gol”. Ve lo anticipo subito: nel mio Ieri oggi e domani non c’è trippa per gatti e nemmeno un cantuccio per la pallacanestro. Dal momento che non credo che ieri siate rimasti incantati come i cortigiani di Ettore Messi(n)a dalla vittoria dell’Armani nel Principato di Monaco, oggi non vado al Palaverde per Treviso-Pesaro perché non faccio a tempo a rientrare da Sant’Elena e solo domani, al termine del delicato match della Reyer contro il Banco di Sardara, saprò se Federico Casarin avrà deciso di comprare un lungo o un playmaker americano al posto del tenero Echodas o dell’indecente Phillip: penso che li sostituirà entrambi ma per favore non ditelo a quella pettegola di Sportando che si nutre solo di sciacallaggio. Piuttosto domani col mio blog mi tufferò a pesce e pure di faccia nella neve fresca di St. Moritz perché a mezzogiorno Sofia Goggia sfiderà di nuovo in superG Lara Gut, che vuole essere assolutamente chiamata signora Behrami, dopo che la bella moglie del centrocampista del Genoa ha battuto oggi di appena 18 centesimi di secondo la nostra formidabile campionessa olimpica di discesa che da Lake Louise era rientrata con un tris di trionfi da favola. Domani a Abu Dhabi ci sarà poi l’ultimo duello Hamilton-Verstappen e io ve lo dico subito: contrariamente alla maggior parte di voi tiferò per Lewis. Però dovete soprattutto trovare nel weekend un’oretta per beccare sui canali di Sky-Sport la replica dell’Uomo della Domenica: Paolo Rossi che non potete assolutamente perdere. Un anno dopo la scomparsa di quel meraviglioso sorriso che ancora piango. Come adesso guardando la sua foto che vi ripropongo in bianco e nero. Perché i colori ve li regalerà il bravo Giorgio Porrà attraverso gli splendidi ricordi d’Antonio Cabrini, Marco Tardelli, Roberto Baggio e della moglie Federica Cappelletti. Mentre per ora resto a guardarlo in disparte anche se di Paolorossi potrei scrivere un libro di mille pagine e non soltanto la vera storia del silenzio-stampa ai Mondiali di Spagna ’82 di cui molti imbecilli attribuiscono ancora a me la colpa. Dalla prima volta che l’amico Gian Paolo Nicolin lo intervistò per una televisione privata di Padova, che si chiamava Rtr, e lui era tutto preso a giocare a flipper in un piccolo bar di Vicenza il lunedì dopo che la domenica col Lanerossi di Giovan Battista Fabbri e Giussaldo Farina aveva segnato il suo primo gol in serie B. Aveva appena compiuto vent’anni e non lo conosceva ancora nessuno…