Neanche Diogene col lanternino scoverebbe 100 italiani

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Ma dov’è il problema? Abbiate la bontà di spiegarmelo perché non l’ho ancora capito. Giannino Petrucci vuole al massimo sei stranieri per squadra. Siano americani o mongoli o inglesi. Okay, va bene. Anzi, benissimo. Non individuando il motivo per cui la Lega e Livio Proli dovrebbero opporsi. Tanto Milano in EuroLega può farne giocare quanti ne vuole: anche dodici. Come quest’anno. O forse mi sbaglio? Non penso e comunque contiamoli insieme. Goudelock e Theodore, Jefferson e Tarczewski. E sono quattro. Più ci sarebbe Patrick Young. Di cui per la verità si sono perse le tracce. E un sesto stelle e strisce in arrivo che sarà premura di Vincenzo Di Schiavi (Gazzetta) comunicarci quanto prima: nome e cognome, vizi e virtù, e ruolo. Probabilmente un’ala piccola e non di pollo. E neanche di faraona. Sicuramente costosa. Altrimenti Giorgio Armani arriccia il naso e nessuno lo vuole per carità contrariare. Poi i tre lituani: Kalnietis, Gudaitis e l’ultimo arrivato: Mindaugas Kuzminskas. Che ieri sera ha esordito alla grande nel nostro campionato: 2/10 da due, 1/6 da tre, 3/16 in totale e 9 punti in 24 minuti contro Pistoia. Ma anche 7 rimbalzi. Come Andrea Cinciarini. Che però ha uno stipendio almeno dieci volte più basso del suo. “E’ a corto di fiato” s’è affrettato a scusarlo Mario Canfora, meglio conosciuto in Gazzetta con il soprannome di C10H16O. Che è la formula chimica della canfora. D’accordo. A patto che, se ha le idee annebbiate, anche Kuzminskas cominci a rinunciare a qualche tiro di troppo. E fanno otto. Più Micov il serbo, M’Baye il francese e Bertans il lettone. Senza contare Zoran Dragic che sino a metà novembre era in stazione di parcheggio a Rogoredo. E sono undici. Quindi quasi ci siamo. Ma mi ero dimenticato Mister Shot. Ovvero Curtis Jerrells. E così la dozzina di stranieri con le scarpette rosse ai piedi è ora completa. Giannino Petrucci vuole il 6+6. Cioè gli interessa soprattutto che ogni club di serie A abbia sei italiani. E dov’è il problema? Adesso sono cinque per squadra, dal prossimo anno saranno sei. Vorrà dire che un italiano in più scalderà la panchina assieme agli altri due o tre, la Giba sarà contenta e le società risparmieranno – si spera – qualche euro. Basta che si decidano in fretta, Federazione e Lega, e la facciano finita una volte per tutte con ’sta storia di Sior Intento che dura da tanto tempo e non interessa più a nessuno. Men che meno a mia sorella, se ne ho una in giro per il mondo, e ai miei due nipotini che pure giocano a pallacanestro. Mamma Rosa è invece allarmatissima. “Ormai è scontro totale”: ha titolato. E allora? Che se le diano pure di santa ragione e senza esclusioni di colpi. Anche bassi. L’importante è che la smettano d’insultarsi e di perdere dell’altro tempo in chiacchiere e in letteracce. Petrucci è convinto che il presidente della Lega, Egidio Bianchi, non valga più del due di spade quando la briscola è coppe. E qui clamorosamente si sbaglia. Capita. Dal momento che alle spalle di Bianchi non c’è il geometra Rossi e neanche il ragionier Filini, ma l’Innominato. Che, siccome in molti non siete ancora stati così bravi da capire chi poi sia, nemmeno aggrappandovi ad Alessandro Manzoni, non ho paura a nominarlo: il potentissimo Livido Proli. Dalle cui labbra pendono tutti. Anche Napoleone Brugnaro. Che non credo passi dalla parte di Petrucci come ha già fatto Massimo Zanetti, il signor Segafredo, per ottenere la deroga di poter disputare i prossimi playoff al Taliercio di Mestre. In fondo cosa sarà mai giocare al Palaverde di Treviso? Anzi, finalmente l’idea di Venezia città metropolitana avrebbe un senso anche sportivo. E quindi pure qui il problema non esiste ed è assolutamente inutile fasciarsi la testa prima di rompersela. Se invece Giannino vuole delegittimare la Lega e organizzare i campionati per conto proprio, nessuno glielo vieta, ma non credo che gli convenga. Anche perché tra un anno e mezzo la serie A sarà a diciotto squadre. E 6 per 18 fa 108. Ovvero più di cento giocatori italiani. Che non ci sono in tutto il Bel Paese nemmeno a cercarli con il lanternino di Diogene. Piuttosto sarebbe un grosso guaio per la nazionale di MaraMeo Sacchetti se Proli rinunciasse completamente a far giocare gli italiani in EuroLega. Che già sono quattro gatti: Cinciarini, Pascolo, Abass e Cusin. E sembrano di peso a Pianigiani.