Vince il grande Dovi, ma come Guido Meda non c’è nessuno

doviziosoMerda, ma quanto è bravo Meda? Da uno a cento: cento. Non era così quando da sbarbato era l’ombra di Deborah Compagnoni. Di lei innamorato cotto dalla testa ai piedi. E purtroppo non ricambiato. Adesso lo posso finalmente raccontare. A distanza d’oltre vent’anni. Senza che nessuno mi possa smentire o se la prenda. Guido Meda: un mito per gli appassionati delle due ruote col motore. Imbranato invece come una foca ai tempi d’oro dello sci azzurro. Quando la campionessa di Santa Caterina Valfurva e Tomba la Bomba facevano molto più audience in televisione di Max Biaggi, Loris Capirossi e di un ragazzino pieno di riccioli neri che correva ancora in 125 con l’Aprilia e già prometteva molto bene, si chiamava Valentino Rossi e doveva ancora vincere un Mondiale. Meda era a Italia 1 con Stefano Vigliani e non parlava d’altro che di sci, della Deborah senza acca e qualche volta pure di una morosa che aveva a Milano e che spero non abbia poi sposato. Mi sono svegliato presto stamattina. Prima delle sette. Anche se non ho dormito niente. Assalito dall’incubo di Dybala che si faceva parare i rigori da Dollarumma, Berisha e Strakosha o come cavolo si scrive. C’era fuori una nebbia che non si tagliava con un grissino ma con la mannaia. Per i paddock dei MotoGp già giravo, divertito come un bimbo, quando Guido non aveva neanche la più pallida idea di cosa fosse una candela o una gomma extra soft. Chiedetelo a Carlo Pernat se non è vero. A Motegi in Giappone, invece, pioveva che Sarri la mandava. E non ditemi cosa ha fatto il Napoli a Roma perché non lo voglio neanche sapere, mi vedrò la partita (registrata) nel pomeriggio con il sole e nemmeno provate dispettosi a chiamarmi al telefonino per dirmi il risultato finale perché tanto ho spento il cellulare. Scaraventando i giornali fuori dalla finestra. Sono fatto male. E allora? Ho però la fortuna di non essere sempre così, ma solo quando la Juve perde in casa. Il che succede, se Sarri vuole, ad ogni morte di Papa. “Dopo i semafori rossi scatenate l’inferno: prima dentro, gas a martello e andiamo”. E’ il suo vecchio e meraviglioso refrain di ogni Gran Premio. Ma poi è anche una pioggia di nuove immagini che rinfrescano l’appassionata telecronaca con Mauro Sanchini al fianco e Sandro Donato Grosso dai box. Vola al comando dopo la partenza Jorge Lorenzo. “E l’acqua lo aiuta a fare il motoscafo con la Ducati tra le mani”. Scappa Danilo Petrucci. “Che va come un toro”. Parte per la tangente il giapponese Nozane. “Scivolando e sobbalzando come un sasso piatto sul mare calmo”. Il fidanzato di Belen Rodriguez, se si può dire, è con il gruppo dei migliori. “Fantastico Iannone: la guida sì la Suzuki, altro che storie. Basta che ci sia il diluvio universale”. Quinto giro e alla curva 8 Valentino, per altro solo nono e già staccato, finisce nella sabbia, si rialza e sconsolato abbandona a piedi la gara: sembra un palombaro con lo scafandro che cammina nel deserto. Questa immagine per la verità è mia, però, se vuole gliela presto per un’altra volta. Sperando che non ci sia. “Pedrosa cavalca l’Honda sulle uova facendo attenzione di non romperle”. Marc Marquez si fionda su Petrucci e lo supera a metà del GP bagnato del Giappone. Ma Andrea Dovizioso non molla e resta incollato alla ruota della Honda dello spagnolo dispettoso. “Tieni botta Dovi”, si raccomanda Meda accalorato che non nasconde di tifare “spudoratamente per l’italiano e la sua moto italiana”. Dovizioso “strizza i freni della Ducati come una spugna”. Uno spettacolo nello spettacolo. Mentre penso a più di un anno fa quando Andrea Iannone era ancora in sella proprio alla Ducati e s’arrabbiò di brutto con Donato Grosso che aveva parlato di sua amica molto speciale: “Smettila: Belen è venuta in Austria per divertirsi con suo fratello e altri amici”. E gli consigliò di cambiare lavoro: “Devi dedicarti piuttosto al gossip”. Difatti. Bugiardo più di Pinocchio. Perde la voce Guido all’ultimo giro: “S’imbarca Marquez, si fa di nuovo sotto Dovi: lo attacca, s’infila, lo passa”. E vince in volata. “Dovi c’è, Dovi c’è, Dovi c’è. Che bello. Sei pazzo Dovi”, urla, sghignazza e cade per terra. E adesso? Il Mondiale è riaperto: Andrea a 11 punti da Marquez. Terzo finisce Petrucci, quarto Iannone e io, sfinito, che me ne torno a letto, ma riprender sonno non sarà facile.