La volpe che non c’è più e il gatto che diventa intertriste

gatto e volpe

Mi sembra scontato che non marcerò su Roma sabato otto e che non (ci) sarò in piazza del Popolo. Anche se Fabrizio Corona e Fabio Fazio pure non li sopporto e mi dà un po’ fastidio che Matteo Salvini non li voglia accanto a lui sul palco. Perché in fondo sono tre mitomani, fatti della stessa pasta, che cercano unicamente il consenso del popolo-bue e sono convinti, pur pensandola magari diversamente uno dall’altro, che solo loro hanno la verità in tasca. Mentre tutti gli altri sono cantastorie. Ora non so bene la ragione per la quale vi confesso questo. Così come immagino che non ve ne possa fregare un fico secco di quel che penso io. Ma volevo mettere i puntini sulle i. Una volta per tutte. E poi punto e a capo, volto pagina e cambio discorso. Sono un burattino senza fili. Come canta Edoardo Bennato che si è buttato persino lui dalla parte degli sgrillettati. Questo spero che lo abbiate almeno capito. Nel senso che nessuno mi comanda e mi può obbligare a svoltare a destra o a sinistra al bivio della vita ogni giorno più corta. Io vado comunque diritto per la mia strada senza pretendere che qualcuno mi segua. E, se è sbagliata, pazienza: non torno indietro. Né m’interessa scoprire chi è il gatto e chi la volpe nella favola di Pinocchio che dotti, medici e sapienti vi raccontano dalla mattina alla sera. La penso infatti uguale ad un allenatore di calcio che una volta mi disse rastrellandosi con le dita il ciuffo ribelle e guardando l’allenamento dei ragazzi della Primavera del Milan dalla collina che dominava il campo di gioco. Sotto la pergola senza uova: di modo che nessuno si sognasse nemmeno di dire che era acerba. “Nella razza umana la volpe è ormai una specie in via d’estinzione che neanche il Wwf riuscirà più a salvare”. Dunque siamo tutti gatti? “Se ci va bene e non diventiamo serpenti o caimani”. L’allenatore era Massimo Giacomini che ha un giorno e due lustri più di me. E io allora avevo appena compiuti trent’anni ed ero arrivato al Giorno da un paio di mesi. Al posto di Gianni Brera. E lui di Nils Liedholm, il Barone svedese che se n’era andato alla Roma dopo aver vinto lo scudetto della stella rossonera. Massimo mi aveva preso in simpatia. Forse perché avevamo le stesse idee politiche e mio nonno era friulano come il suo. Fatto sta che mi indicò due sedicenni che avrebbero giocato con Franz Baresi, il Piscinin, presto in nazionale. E non si sbagliò. Dolce amarcord. Uno era Sergio Battistini, che adottai subito come Nipote, e l’altro Alberigo Evani che preferiva essere chiamato Chicco piuttosto che Bubu. Al Nipote tolsi scherzando il saluto quando mi confessò qualche anno dopo d’essere passato dalla Fiorentina all’Inter. Dove ha vinto due Coppe Uefa. Mentre Chicco con Righetto Sacchi è stato vice campione del mondo ad Usa 1994 e fece il suo dovere dal dischetto nella finale contro il Brasile al Rose Bowl di Pasadena. E io c’ero. Al contrario proprio del Piscinin, di Robi Baggio e di Lele Massaro che sbagliarono invece i calci di rigore. Il giorno dopo ero invece al parco Disneyland di Los Angeles. Con Topolino e Gian Maria Gazzaniga sull’ottovolante. Sì Gazzaniga, quello del Nun te Reggae più del grandissimo Rino Gaetano. “Avvocato Agnelli, Umberto Agnelli, Susanna Agnelli, Monti-Pirelli. Dribbla Causio che passa a Tardelli. Gianni Brera nun te reggae più. Bearzot nun te reggae più. Monzon, Panatta, Rivera, D’Ambrosio, Lauda, Thoeni, Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno, Villaggio, Raffa, Guccini. Onorevole, eccellenza, cavaliere, senatore”. La so a memoria. “Nobildonna, eminenza, monsignore. Vossia, cherie, mon amour. Nun te reggae più”. Così come potrei cantare oggi anch’io. “Corona, Fazio, Boldrini, Saviano. Asia Argento. L’Isoardi che torna con Salvini. Che bella testa aveva Giacomini. Di Maio, Di Matteo, Di Battista. Nun te reggae più. Gramellini-Signorini. Fabbbio Caressa con tre bi. Beppe Bergomi. Renzi, Boschi, D’Alema. Onorevole Sgarbi, cavalier Berlusconi. Trota, il figlio del senatur. Ruby ter. Che due Maroni. Ich liebe dich. Malgioglio-Mussolini. Condò, Del Piero, Ambrosini. Nun te reggae più. E qui mi fermo. Ma potrei andare avanti delle ore. Salvando solo Mara Carfagna e Ambra Angiolini che mi piacciono da morire. Mentre Dybala passa a Ronaldo. Ed è gol: 2-0 per la Juve. Domani sera a Torino. Dove tornerà Marotta. Che non era la Volpe. Semmai Paratici. Ma per favore non fischiatelo. Anche se adesso è con l’Inter e vi capisco quando dite che nella vita non c’è nulla di peggio che incontrare un intertriste che vi attraversa la strada di venerdì come un gatto nero (e azzurro). Toccatevi allora e lasciatelo perdere.