Cosa si può pretendere di più dalla Reyer di Brugnaro?

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Non gli davo una lira. E neanche, per la verità, sapevo come si chiamasse. Invece l’Avtodor Saratov è una squadra davvero interessante. Che intanto in Champions naviga ad una media di 90 punti a partita. E anche ieri sera ne ha fatti ingoiare 91 a Venezia. In più ha grande fisicità, come scrivono bene quelli che ne masticano di basket, e un paio di giovani dalle mani molto buone. Come l’ucraino Artem Klimenko, un ventiduenne di 2.14 che farebbe al caso proprio della Reyer se non avesse già addosso gli occhi degli scout d’oltreoceano. Mentre ho dovuto ricorrere al mappamondo per rendermi conto di dove si trovi Saratov, città della Russia e porto sul Volga a meno di mille chilometri da Mosca. Questo premesso, il Taliercio era ieri sera tristemente quasi mezzo vuoto e anche il sindaco di Venezia-Mestre è arrivato con la gentil signora al palasport tra un tempo e l’altro trovando un ambiente parecchio freddo e molto critico, oltre tutto snobbato dallo spicchio di curva degli ultras oro granata che non si sa bene ancora cosa vogliano e cosa pretendano da Napoleone Brugnaro. Col quale è difficile andare d’accordo: e lo dite a me? Specie quando vuole fare l’allenatore, invoca un cambio o uno schema di gioco, e mi convince ogni giorno di più che ne capisca ben poco di sport. Ma non è questo il problema. Anzi. Anch’io che m’occupo di pallacanestro ormai da quarant’anni, e in groppa sua ho girato il mondo, penso a volte di saperne ormai una più del libro-bibbia scritto a quattro mani da Ettore Messi(n)a e Ciccioblack Tranquillo nel 2012. Quando ancora insieme per Sky commentarono le Olimpiadi di Londra censurando Simone Pianigiani che non le aveva conquistate alla guida dell’Italia. La quale infatti nella scorsa estate è andata a Rio de Janeiro e non mi ricordo più che medaglia abbia vinto. Forse d’argento come a Mosca con Sandro Gamba e a Atene con Carlo Recalcati? Però credo comunque che vada riconosciuto alla Reyer di Brugnaro da Crea, frazione di Spinea, anche se risorta da una costola o, meglio, da una costicina di Chirignago o di Mestre (i Bears allenati da Maurizio Buscaglia), d’averne fatta di strada in questo ultimo decennio: dalla quarta serie alle due semifinali scudetto e la partecipazione oggi ad una coppa europea che si chiama, piaccia o non piaccia, Champions. Quindi, se anche l’Umana non gioca alla Misericordia ma in terraferma, il blasone della gloriosa Reyer è rimasto intatto soprattutto per merito del sindaco dei veneziani ma pure dei mestrini. E qui mi piacerebbe ricordare la barzelletta che mi ha raccontato Toni Cappellari da Treviso per sdrammatizzare l’accesa rivalità tra le due parrocchie in laguna, ma resto in tema e lo farò un’altra volta. Ora me la devo prendere non tanto con quelli che non erano ieri sera della partita, che per me se ne potrebbero stare benissimo anche a casa, ma con quelli che c’erano e si sono scaldati solamente quando non ne hanno potuto proprio fare a meno. E cioè quando nel finale la squadra di Walter De Raffaele ha preso le distanze dall’alta e grossa Saratov con un ultimo spumeggiante quarto da tanti (36) punti a pochi (21). Senza Stefano Tonut e Jamelle Hagins. Per cui ancora meno capisco adesso i fischi e le critiche che sono piovute addosso alla Reyer nella sfida pur vinta con Pistoia non più tardi di una dozzina di giorni fa. Magari Marquez Haynes non è il playmaker che serviva alla causa e Hagins il pivot dei sogni, e difatti Federico Casarin, il mio caro Pesciolino rosso, lo so per certo che si sta guardando intorno per sostituire il primo e poi eventualmente pure il secondo, ma non c’è molto di meglio in giro e, se c’è, costa un occhio della testa. Però neanche si può pensare che Venezia possa vincere quest’anno lo scudetto. Quello è di Milano ed è già in cassaforte. Né che Napoleone possa all’istante alzare il tetto del badget che è comunque il più elevato della serie A. Esclusa l’Armani: è ovvio. E allora? Credo che bisognerebbe magari anche tener conto che De Raffaele ci ha visto giusto con Filloy e ha dato una personalità a Tonut che prima il ragazzo non aveva. Se non è una goccia è Ejim non è poi così male, anzi. Peric sta tornando quello dei tempi d’oro. Michael Bramos è rimasto ed è un lusso. Tomas Ress ha subìto quest’estate un’operazione al collo che avrebbe ammazzato persino un toro, ma contro i russi è stato di nuovo il capitano, mio capitano. Se solo McGee pompasse meno la palla e Viggiano imparasse una parola d’italiano. Insomma il tifoso della Reyer, sia esso veneziano o mestrino, vuole o no vedere il retro della medaglia smettendola d’avere sempre la puzzetta sotto al naso? E cominci piuttosto ad incoraggiare un gruppo che, vincendo domenica con Caserta, salirebbe al quarto posto in classifica. Neanche male pensando ai disastri annunciati da più di qualcuno dopo il giorno dei morti e la sconfitta di Pesaro.