Il test della pallavolo: sapete cos’è una pipe nel volley?

Per qualche ora sarà ancora estate: approfittatene. L’equinozio d’autunno non arriva prima di domenica all’alba. Esattamente alle tre e 54 (ora italiana) del 23 settembre. Se fate i bravi, nel tardo pomeriggio scrivo anche un pezzo di basket: devo smontare la Banda Osiris di Tranquillo, tromboni e violini, grancasse e urla del piffero, pezzo per pezzo. Anzi, massone per massone, come vi ho promesso e prima che quella combini altri disastri incalcolabili. Oggi è molto più bello di ieri e credo che più bello di così sia davvero impossibile: non ho beccato infatti una nuvola nel raggio di chilometri e chilometri scendendo con lo sguardo a valle e accecandomi gli occhi. Peccato che abbia la schiena a pezzi e non riesca a infilarmi neanche i calzini dopo aver raccolto ieri un altro cestino di finferle. Ma non è un dramma. Al contrario: è un dolorino che fa bene e passa con una pasticca d’Aulin. Stasera comincia la seconda fase del Mondiale di pallavolo con Italia-Finlandia a Milano. Un’altra salutare passeggiata? E’ molto probabile, quasi scontato. Ma prima lasciatemi dire di quell’amore di lucciola che lampeggia incessantemente tutta la notte. Anche quando piove a secchi. E questo non l’avrei mai immaginato. Laggiù dove finisce il prato e inizia il bosco. Sempre lì, tra i cespugli che accompagnano il Boite a morire nel Piave. Con una vitalità bestiale. Che se ce l’avesse sempre pure il cane alpha, come chiamano gli azzurri di Gianlorenzo Blengini “quello che entra in partita ed è decisivo”, leggi Valeria Benetti nella Gazzetta di oggi, magari vinciamo il quarto titolo iridato. Mi chiedono se ne capisco di volley. Molto poco. Anche se al Giorno curavo una rubrica che si chiamava “Schiacciatina” e se all’Italia tutta d’oro del mitico Julio Velasco ho portato fortuna nei Mondiali in Brasile del ’90 e in quelli successivi in Grecia che ho raccontato a modo mio. Ovvero senza avventurarmi in discorsi troppo tecnici. Come faccio del resto anche nella pallacanestro. O almeno ci provo. Con leggerezza e un cincinin d’ironia. Ieri Gian Luca Pasini e Davide Romani si sono lasciati prendere dall’euforia del momento e hanno scritto sul giornale di Mamma Rosa e Papà Urbano a quattro mani come i carabinieri Daniele Dallera e Roberto Depontibus del Corriere: “La nazionale conquista, appassiona, fa innamorare sulla Rai”. Che è poi quello che tutti i giorni cerco invano di far capire a Giannino Petrucci che, legandosi mani e piedi a Sky, sta trascinando gli azzurri del basket nel gran mare dell’oblio. “E non importa se tutti sanno che il campo di volley è comunemente diviso in sei zone. E ancora meno cosa è una pipe”. Una pipe? So cosa sono le pippe con due pi, ma con una sola brancolo nel buio. E allora sono andato in cerca su Internet. “La pipe prevede che il palleggiatore invece d’alzare per l’opposto posizionato in posto 1 o 2, o per la banda in posto 4, o per il centrale in posto 3, alzi la palla al limite della linea dei tre metri. Uno degli schiacciatori si sposta in zona 6 e attacca la palla dal centro dietro la seconda linea”. Ebbene questo ho cercato di spiegarlo anche alla Tigre. Che mi ha guardato allucinata e mi ha chiesto: “Scusa, ma per caso ti hanno dato alla testa i funghi o hai bevuto?”.