Il giorno in cui anche Giorgio Armani si stufa il basket può chiudere bottega

FASHION: ONE NIGHT ONLY ROMA

Se volete parliamo anche di televisioni. Che nel nostro basket sono almeno quante le stelle di Negroni e si moltiplicano più dei pani e dei pesci nonostante debbano poi fare altri miracoli e altri milioni e milioni di voli acrobatici per sopravvivere. Ma prima vi voglio leggere questa che mi è caduta sotto gli occhi quasi per sbaglio. Navigando su Internet e cercando la data di nascita di un giocatore di Milano. “Dopo Marzotto, Bulgari, Safilo e Prada anche Giorgio Armani trova un accordo con il Fisco, sempre più puntiglioso con i grandi gruppi italiani fortemente internazionalizzati, che avevano tendenza sino a qualche anno fa a moltiplicare le società all’estero per evitare di essere tassati nel Belpaese. Secondo il quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” il gruppo di moda avrebbe infatti pagato a metà aprile (del 2014) una transazione di 270 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate chiudendo ogni contestazione fiscale sulle sue società estere. La transazione è avvenuta nel corso di una verifica della Guardia di Finanza su tre società estere, una delle quali in Svizzera, facenti parte del gruppo Armani”. Sì avete letto bene: 270 milioni di euro. Coi quali Lupo Portaluppi senza esagerare potrebbe costruire una squadra competitiva in Europa sino al 2040. E pure oltre. Quando insomma saremo tutti sotto terra e non potremo neanche più contare le innumerevoli vittorie delle scarpette rosse in Coppa Italia e in Eurolega. Ma non è questo il punto. E nemmeno un timido invito, smettendo di scherzare, ai piccoli uomini della nostra pallacanestro di non aprire mai l’armadio nel quale hanno nascosto i loro scheletri. Perché, prima o poi, chi più e chi meno potrebbero essere tutti indistintamente travolti e finire soffocati come quando in un film da incubo si scivola nel silos di un granaio. Non so se ho reso la (macabra) idea e comunque non voglio assolutamente qui fare la predica a nessuno. Anch’io ho i miei peccati e mica ve li vengo a raccontare. Non solo: più di recente mi sono bastati i due milioni di Gino Paoli nascosti in una banca svizzera per farmi perdere il sapore del sale e di nuovo il gusto delle cose che credevo buone. Però vi consiglio, cari fratelli milanesi, di non tirare troppo la corda con le contestazioni al club di Armani perché potreste anche romperla e allora sarebbero dolori. Ricordandovi che una volta c’erano il Simmenthal e l’Ignis. O la Knorr e l’Oransoda. E più tardi i Benetton e gli Stefanel, Gabetti e Gardini, la Scavolini e la Ferrero, le due Bologna e il Monte dei Paschi di Siena. E adesso? C’è solo Giorgio Armani. Il resto è poca roba. Magari tutte anche brave persone, ma non è coi presidenti che vogliono fare anche gli allenatori e gli allenatori che vogliono anche comandare, o coi grissini o i soldi delle regioni autonome che si possa poi andare tanto lontano. Non ho in verità mai pensato che il basket del Belpaese non possa vivere senza Milano e difatti è stato grande anche con Varese, Cantù, Pesaro, Treviso e Siena. Però ci sarei rimasto anch’io male a vedere domenica quelli striscioni curvaioli che mi ci è voluto un buon quarto d’ora per leggerli: “Banchi, Gentile, Portaluppi più colpevoli di tutti. Un anno è passato e nulla è cambiato. Armani: i campioni non si fanno coi milioni, servono progetti seri, presidenti veri e allenatori degni dei nostri colori”. Senza parlare degli insulti gratuiti a Proli, sempre più Livido, che non si faceva vedere al Forum da mesi e che è in America da settembre. Ora posso anche capire la delusione per un’altra Coppa persa e le critiche ad una squadra fatta magari coi piedi però anche con dei bei soldini, ma perché Banchi, Gentile e Portaluppi dovrebbero essere i maggiori responsabili di ciò che Milano dovrebbe essere, cioè una delle migliori quattro d’Europa, e non lo è più da lustri? D’accordo, SottoBanchi non sarà neanche il miglior allenatore d’Europa come sosteneva sino all’altro ieri qualcuno, lo Spaccone è mal consigliato dalla sua corte dei miracoli e il Lupo è sempre stato nel mirino degli ultras da quando li ha messi alla porta del Palalido, ma accanirsi con Giorgio Armani mi sembra assolutamente ingeneroso e inopportuno. Tanto più che se anche lui si stufa poi ce la potremo solo raccontare. Tra quattro gatti e pure spelacchiati. Con un occhio che guarda a levante e l’altro a ponente. Cominciando a chiudere bottega.