Il Fatto Quotidiano e Travaglio devono tifare per Renzi

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Ho il sospetto che Repubblica paghi Walter Veltroni ad un tanto al rigo. Altrimenti non capisco quella sua sbrodolata nella quale ha detto e non detto il contrario di niente e che pure ha occupato qualche giorno fa un’intera pagina del giornale diretto da Carlo Verdelli. Che, se mi confermate che guidava la Gazzetta dello sport negli anni del complotto contro la Juve di Moggi, Giraudo e Bettega, è uno dei pochi intertristi che non ho ancora solennemente mandato in mona. Come avrebbe dovuto fare anche il Pd con i grillini prima ancora di sedersi al tavolo delle trattative per mettere in piedi un pastrocchio giallo-rosso che già mi ricorda la Roma di James Pallotta e non mi mette certo di buon umore. Come consigliava anche Luca Bottura che ho visto nascere sulle tribune del basket bolognese, quando scriveva per l’Unità, e crescere assai bene: “Tanto per cominciare vi fate tutti mandare affanculo”. Da Di Maio a Di Battista. E poi andiamo pure ad analizzare gli altri nove punti del vostro programma. Ultimamente ho preso la buona abitudine di sfogliare i giornali al mattino e di leggerli la sera a letto. Quindi mi scuso se il mio Scacciapensieri non è sempre aggiornatissimo, ma non rinuncio al piacere d’addormentarmi con il sorriso che mi regalano la satira pungente e insuperabile dello stesso Bottura o di Francesco Merlo, Sebastiano Messina e Massimo Giannini. Perché con Verdelli, mi costa ammetterlo, Repubblica è tornato ad essere, anche nella grafica e nei titoli, il mio quotidiano preferito. Così come adesso 7 (Sette) è di nuovo piacevole dopo che la direzione dell’inserto del venerdì del Corriere della sera è passata dall’intertriste Beppe Severgnini alla brillante Barbara Stefanelli. Dicevo di Walter Veltroni che è ormai politicamente vuoto e spento. E il suo buonismo vecchio e superato. Al contrario le interviste di sport (e non solo) proprio su 7, seppur lunghissime, si leggono tutte d’un fiato. Ed infatti ho conservato quella che ha fatto a Gino Paoli in omaggio ai suoi sessant’anni di carriera e l’ho riposta gelosamente nella mia scatola rossa dei ritagli come Paoli ha fatto in Parigi con le gambe aperte scritta insieme al grande Ricky Gianco. “Pensiamo invece a lei: io metterei il suo culo tra i trofei. Un culo bianco e tondo che non finiva mai. Degno dei paradisi di Versailles”. E’ poco carina? Una volta la cantai a Deborah Compagnoni che ai Mondiali del 1997 al Sestriere aveva vinto la medaglia d’oro nello speciale dopo quella in gigante. Lei sorrise mostrando d’averla gradita moltissimo. Mentre Veltroni, all’epoca vicepresidente del consiglio nel governo Prodi, e quel bigotto di un cronista di Mamma Rosa quasi quasi stavano per scandalizzarsi e lo avrebbero sicuramente fatto se Deborah non l’avesse invece presa come un originale complimento a una donna bella e generosa. Da qualche giorno nella mia mazzetta dei quotidiani ho aggiunto il Fatto Quotidiano (nella foto la prima pagina d’oggi) anche se Marco Travaglio non la smette d’attaccare il Pd (“un manicomio”) e Renzi (“il voltagabbana”) senza capire che le fortune e forse anche la sopravvivenza del suo giornale dipendono solo dal buon esito del pateracchio tra i pentastellati e i renziani. Un inciucio o un accordicchio, chiamatelo come vi suona meglio, che è tuttavia l’unico modo per evitare la dittatura di Salvini (“il pagliaccio”) che il suo stimatissimo Conte Giuseppe ha per oltre quattordici mesi sostenuto e cementato. Piuttosto appenda all’attaccapanni Zingaretti, né carne né pesce, che vorrebbe andare demenzialmente al voto. Come per la verità Travaglio ha fatto oggi nel corsivo quotidiano: “Ieri Di Maio ha illustrato i suoi 10 punti, un po’ più precisi dei 5 di Zingaretti. Belli o brutti, sono molto più di sinistra del Pd e non nascondono veti. Invece il buon Zinga, dopo aver sciorinato il programma esistenziale di Miss Italia (a Jesolo, ndr), ha fatto trapelare il veto su Conte premier e attaccato il taglio dei parlamentari: due dita negli occhi del promesso sposo che notoriamente vuole anzitutto Conte premier e meno casta”. C’è poco da dire: Travaglio sa scrivere: pulito, agile, semplice tanto quanto incisivo e graffiante. Come piace a me e più ancora mi è piaciuto quando ha concluso passando decisamente dalla mia parte: “Al posto di Di Maio comunque ci muniremmo di mutande di ghisa e cammineremmo rasente ai muri. Perché, se il M5S non vuole proprio suicidarsi, fra un governo moderno Libia e il voto subito, ha molto meno da perdere dalla seconda opzione”.