Il colapasta dell’Armani che aveva illuso persino Gamba

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Chi ha paura di Virginia Woolf con due o? Certamente non io. E men che meno di Mamma Rosa che, da quando si è legata a Urbano Cairo, è un pianto e non ha più una notizia neanche a pagarla oro. A meno che non gliele passi il Livido Proli. Ieri sera al Forum più livido del solito dopo averne presi centoundici di ceffoni dal Maccabi. Tanti, troppi da mandare giù senza pensare che l’Armani è davvero un insulto alla miseria e un modello di pallacanestro da viva il parroco che non andrebbe però neanche bene all’oratorio dei frati in sandali. “Un’altra sconfitta a testa alta” prova a convincerci Andrea Solaini di Eurosport che farebbe invece molto prima a tornare nella cesta e restarci finché non avrà imparato a contare piuttosto quante volte Simone Pianigiani ha mandato a quel paese i suoi finti gladiatori. Che sono soprattutto ridicoli in difesa. Cominciando dalla prima linea di sbarramento: Theodore e Goudelock. Anzi pessimi, come li ha giustamente battezzati Andrea Meneghin. Che mi continua a piacere da matti, così come quando giocava, perché non ha peli sulla lingua e le scemenze le lascia volentieri dire ad un altro Einstein, Luca Gregorio Magno. Il quale prima o poi bisogna anche che mi confessi da quale santo si è fatto spingere per arrivare a commentare le partite di EuroLega dal paradiso nella nuova casa del basket. Dal momento che ne conosco almeno una mezza dozzina di giovanotti da raccomandare che sono cento volte meno spara-sentenze di lui. Che non ho neanche ancora capito da dove sia saltato fuori: forse da un fustino di un vecchio detersivo o da una tetta di chissà quale monaca di clausura? E, comunque, già che ci siete, mi dovreste anche spiegare la ragione per la quale nel massimo campionato a sedici squadre di Jordi Bertomeu ci siano ben cinque squadre spagnole. Dite perché altrimenti Milano avrebbe vinto solo con il Bamberg di Gas Gas Trinchieri nelle venti partite sinora giocate se non ci fossero anche il Baskonia, battuto in casa e fuori, l’Unicaja, il Valencia e il Barcellona malandato delle ultime due stagioni? E’ vero, bravi, non ci avevo pensato e mi sembra, questa, sul serio un’ottima spiegazione. Così come comprendo l’entusiasmo di Sandro Gamba: in fondo siamo un po’ tutti tifosi delle scarpette rosse. Verso le quali vorremmo e dovremmo comunque essere un po’ indulgenti. Non fosse altro perché è l’unico club che ci rappresenta in EuroLega. In più l’(ex) amato cittì, sempre amatissimo, è nato a Milano in via Washington sotto i bombardamenti, ha fatto la storia del Simmenthal e per anni ha pure venduto porta a porta le famose scatolette di carne in scatola. Però anche lui si sarà sentito preso in giro dall’Armani che non era mai stata un simile colapasta prima di ieri sera con gli israeliani di Neven Spahija soprattutto dopo che a metà settimana aveva scritto su Repubblica un sincero articolo dal titolo: “I passi avanti dell’Olimpia più europea”. Nel quale sottolineava i progressi di una difesa finalmente “più attenta e aggressiva che lavora molto meglio in area”. Difatti Parakhouski ha fatto subito nero Tarczewski o come cavolo si scrive. E Alex Tyus non ha sbagliato un colpo sotto canestro (6/6). Perché poi dovrei aver paura di Virginia Woolf che è stata una delle principali figure delle letteratura britannica del XX secolo, oltre tutto attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi, e che non ha alcuna attinenza se non nel curioso titolo con il celebre dramma teatrale di Edward Abee che ha debuttato a Brodway nel 1962? E quindi, tanto meno, perché dovrei aver paura di criticare la Gazzetta che sulle notizie piomba come una tartaruga che andrà anche piano e quindi arriverà sempre lontano, ma che è soprattutto perennemente in ritardo. Come sul 6+6 o sul 5-5 del quale vi avevo parlato, magari anche annoiandovi, da almeno una decina di giorni. O come sulla news d’oggi di Austin Daye che giocherà con la maglia della Reyer e con lo scudetto sul petto tra otto giorni a mezzodì nel match del Taliercio con la risorta Brindisi del compaesano di Frank Vitucci, allievo pure lui di Paron Zorzi. Sicuramente il figlio del grande Darren è un acquisto di prima qualità, ma mi ero permesso una settimana fa di sconsigliarlo per il caratterino che ha e per i problemi che ha dato in questa stagione all’Hapaoel di Gerusalemme. Difatti Federico Casarin in un primo momento mi aveva ascoltato e aveva bussato alla porta del Barcellona per Rakim Sanders e a quella di Proli per Amath M’Baye chiedendogli, già che c’era, anche Mantas Kalnietis che Milano non ha ancora tesserato per il campionato. Ma, avvicinandosi la Coppa Italia di Firenze, ha dovuto in tutta fretta accontentarsi – si fa per dire – dell’ex pesarese che nella Nba quasi trecento partite le ha pur sempre giocate con i Pistons, i Grizzlies, i Raptors, gli Spurs e gli Hawks segnando 1.522punti. Che non sono proprio peanuts.