I playoff di casa mia sono sempre i più belli che ci siano

mestre

Il mondo dei playoff non è solo quello del Forum. Dove Stefano Gentile ha sparato in faccia 26 punti all’Armani che non sa nemmeno lui come ha fatto. E neanche quello della Nba che pure stanotte propone alle 3 italiane la prima partita di finale per l’anello (al naso) tra i campioni dell’est e quelli dell’ovest che, se non mi sbaglio, sono i Raptors e i Golden State, ma fareste meglio a chiederlo a Ciccioblack Tranquillo che nella vita fa solo quello. Io invece sono un tuttologo come per dileggio dicono di me i professorini della Banda Osiris che volano negli States per i corsi d’aggiornamento d’inglese e poi magari credono sul serio che i mori di Venezia sul terrazzo della Torre dell’Orologio siano Mitchell Watt e Paul Biligha. Il quale è nato a Perugia e non in Camerun, è il dodicesimo della nazionale che andrà in Cina perché San MaraMeo d’Altamura non trova un lungo migliore, ma intanto parla con la luna, e la chiede, e non gioca nemmeno nella Reyer. Alla quale sarebbe legato da un altro anno di contratto, ma non è detto che rimanga. Lo vuole la Virtus di Bologna, però non è disposta a pagarlo quanto Pietro Aradori. E quanto ai tendini d’Achille, i suoi sono molto più sani dei miei: ve lo può confermare Claudio Rigo, medico della Juve e zio di Francesco, responsabile dell’ufficio stampa della Reyer. Che stasera a Cremona (ore 20.45) potrà di nuovo contare su Stefano Tonut che da tre settimane soffriva di una forma di cefalea così acuta che per due non ha potuto allenarsi: sembrava gli scoppiasse la testa e non poteva sopportare le luci e i rumori. Il mondo è piccolo, dicono. Non quello dei playoff se stasera si giocano anche Cittadella-Verona di serie B in diretta su Raitre tifando per il grande Citta e Bergamo-Capo d’Orlando di A2 su SportItalia. Di modo che per saltare da un canale all’altro verrà pure a me un tremendo mal di testa. Anche se le partite si devono seguire dal vivo così si vedono bene le facce dei giocatori in panchina, si sentono gli umori della gente sulla tribuna e si capiscono tante cose. Come che Milano avrebbe ieri calato le braghe con il Banco di Sardara e di Pozzecco. Che quando è sbarcato al Taliercio era il 10 di marzo e da allora non ha più perso. Ebbene quel giorno Walter De Raffaele vinse la partita con le mani affondate nelle tasche e Julyan Stone (24 punti) nei canestri sardi, Stefano Gentile (zero) non fece male a una mosca e Sassari era undicesima in classifica alla pari con Brescia. Difatti sull’inserto del mercoledì Canfora e Tosi, i due carabinieri di Mamma Rosa, scrissero a quattro mani: “La cura Poz non sembra far effetto. Quinta sconfitta di fila e playoff sempre più lontani”. Così lontani che magari vincerà lo scudetto. Ho la memoria come gli elefanti e non butto mai via i ritagli della Gazzetta lasciando pure che la mia Tigre brontoli. Adesso però, siccome non mi piace avere conti aperti con i miei aficionados, faccio un passo indietro e vi racconto cosa è successo ieri sera nei playoff vicino a casa. Il Mirano è andato a vincere (60-61) anche a Piovene Rocchette, sulla strada che da Vicenza sale all’altopiano di Asiago, e così è passato dalla silver alla gold in serie C. Nel Mirano dal 2000, come vi ho già ricordato, gioca Federico Casarin che di anni ne ha 53 e che ha debuttato in A1, e questo magari ve lo eravate dimenticato, nel campionato 1982-83 con la maglia del Basket Mestre, sponsorizzato Lebole, che è la squadra della città dove lui e io siamo nati. Con questa promozione il presidente della Reyer ha così chiuso il cerchio dorato e cioè ha vinto tutti i campionati dalla serie D in su. Che se non è un record poco ci manca e comunque lo diventa se aggiungi anche lo scudetto conquistato da Venezia due stagioni fa in finale con Trento. Che nel tardo pomeriggio ha esonerato il caro Fred Buscaglia come si sapeva da tempo e della qual cosa vi parlerò certamente domani quando non avrò la Tigre che mi reclama a tavola per la cena. Ma prima vi racconto con gran piacere della squadra del cuore che è anche sangue del mio sangue. Dal momento che la fondò mio padre nel 1958 assieme agli amici Dario Boni e Gigi Perale. Ebbene nella palestra di Trivignano, dove non si sarebbe infilato più nemmeno uno spillo (nella foto), Mestre ha vinto (91-71) la terza battaglia di semifinale con la rognosa ed esperta Oderzo che è crollata solo nel terzo periodo (30-8) dopo i ripetuti assalti alla baionetta di Diminic (24) e Lazzaro (20) ai quali non è alla fine più riuscita ad opporsi. La squadra di Fabio Volpato ha così strameritato l’accesso alla finale per il salto in serie B nell’ultimo duello con Monfalcone. Lo confesso: il calore del tifo biancorosso mi ha commosso e acceso nello spirito al punto che mi sono avvicinato alla transenna per dire due paroline all’arbitro Nicola Fior con la barbetta. Che stava prendendo lucciole per lanterne. Della qual cosa adesso mi scuso e mi pento. Ma senza battermi il petto.