Siamo diventati un paese di nostalgici, evasori e furbetti

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Ai miei tempi il quattro d’ottobre era dì di festa: San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Si andava a scuola il primo d’ottobre (San Remigio) e tre giorni dopo si stava già a casa: troppa grazia, Sant’Antonio. Del resto eravamo un popolo di santi, poeti e navigatori. Come sosteneva la buonanima di Benito Mussolini che mi va d’accostare al Cainano che non è eleggibile, perché pregiudicato, ma fa niente: sono infatti ancora milioni di milioni, come le stelle di Negroni, gli italiani che hanno ancora nostalgia di lui. Ma ora i santi non ci sono più. E, quanto ai poeti e ai navigatori, bisognerebbe chiedere ai grillini, che ne sanno sempre una più del libro, se ne esistono ancora nel Bel Paese dei furbetti der quartierino e piuttosto degli evasori fiscali. Che sono in costante aumento e sono arrivati ad evadere complessivamente 111 miliardi d’euro all’anno solo all’erario. A tal proposito oggi Sergio Rizzo su Repubblica ricorda: “L’evasione di chi paga il 50 per cento dei tributi non l’ho inventata io. E’ una verità che esiste. Un diritto naturale che è nel cuore degli italiani”, disse Silvio Berlusconi ai microfoni di Radio Anch’io il 18 febbraio 2004. Ripetuto più volte dal Cavaliere prima, durante e dopo le sue permanenze a palazzo Chigi. Senza che in tutti quegli anni la pressione fiscale sia calata e gli evasori si siano dati una regolata”. Parole sante: queste sì. Intanto i pm di Bari hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo dalla faccia di cera accusandolo d’aver indotto a mentire Gianpaolo Tarantini che gli aveva reclutato 26 brave figliuole per i suoi innocui bunga bunga in villa. Una storia infinita che va avanti ormai da due lustri e terminerà di nuovo a tarallucci e vino: scommettiamo? Tanto Gianpi è già stato condannato in primo grado a sette anni e dieci mesi di galera. E dunque facciamola finita per davvero. Così almeno i nostalgici non continueranno più a dire che le toghe rosse sono solo invidiose del fascino che il loro duce ha o forse aveva con le donne. Nel frattempo dopo scandali e extracosti infiniti il Mose di Venezia rischia d’essere rottamato. I cassoni subacquei, scrive oggi La Stampa, sono intaccati dalla corrosione, da muffe e dall’azione dei peoci, le umili cozze. Le paratoie già posate in mare non si alzano più per problemi tecnici, mentre quelle ancora da montare, lasciate a terra, si stanno arrugginendo per la salsedine. Insomma il sistema antimarea, che è già costato cinque miliardi e mezzo di euro, sta andando a remengo e quasi nessuno dei corrotti e dei furbetti è però finito dentro più di qualche settimana. Sono invece 118 mila i soci della Popolare di Vicenza che sono stati danneggiati dal crollo del valore delle azioni della banca di Gianni Zonin per un totale di 6 miliardi che sono andati in fumo. E i legali di Zonin hanno avuto anche il coraggio d’accusare di “barbarie giuridica” la procura di Vicenza perché ha informato la stampa prima di loro dello scontato rinvio a giudizio dell’ex presidente della BpVi. Robe da matti. E intanto in Italia non si continua a parlar d’altro che del Var o della Var. Della quale lo sapete come la penso: è una zoccola, inventata dagli intertristi per far vincere lo scudetto al Napoli, che mi ricorda molto Wanna Marchi, sua figlia Stefania, Mario Pacheco do Nascimento e i loro imbrogli. Difatti d’ora in avanti la chiamerò la Varna. E così ci saremo capiti. Mentre il filosofo Massimo Cacciari, che non sapevo se ne intendesse anche di calcio, ha sentenziato: “Questo Milan fa proprio schifo, non ha grinta, non ha voglia, ma non è colpa di Montella”. E di chi allora? “Dei cinesi”. E ti pareva…