Belinelli e il Gallo andranno in Cina, MaraMeo forse…

della valle

Leggevo sull’inserto del Corriere un’intervista a Annalisa Scarrone che prima d’ora non sapevo neanche chi fosse. Fuori piove e non per scherzo. Quindi oggi pomeriggio non mi muovo di casa. Per la verità sarei voluto andare a vedere i campionati del mondo di tiro con l’arco di campagna sui prati di Pocol sotto le Tofane che, dite pur quel che volete, sono le montagne senz’altro più belle d’Europa e forse del mondo. Lo farò domattina. Sempre che le nuvole s’alzino dal bosco. Non so neanch’io perché vi racconto queste cose. Anzi, lo so benissimo: scriverei di qualsiasi cosa, ma non di basket. Che mi è sceso quest’estate sotto i tacchi. Stufo d’essere preso per il cesto dai bugiardi. Stanco soprattutto di questa nazionale che si perde in chiacchiere da serve e non combina nulla di buono. Dispiaciuto soltanto per Giannino Petrucci che non ho mai visto in difficoltà come negli ultimi tempi. Dunque vi parlavo della giovane cantautrice di Savona con le trecce che nel 2011 arrivò seconda nel talent show di Maria De Filippi che è Amici. Annalisa ripropone per le donne “La libertà” di Giorgio Gaber che sentii da lui cantare nel 1972 al teatro Toniolo di Mestre nel suo tour di successo dopo “Il signor G” e ne restai segnato prima ancora che ammirato. “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Già. Oggi la penso uguale. Ma chi partecipa a questo mio malessere? Nessuno. Se non quell’amico lontano. Al quale non posso sempre continuare a chiedere aiuto. E allora, proprio per tener vivo questo caro ricordo tra il Sessantotto e gli Anni di Piombo che da domani il mio tormentone cestistico sarà il “Dialogo tra un impiegato e un non so” così come si chiamava il fortunato tour teatrale di Gaber. Dialogo tra un pennivendolo e un non so chi. Che puoi essere tu o lui. Non importa. Senza faccia e senza nome. Senza paura e senza peli sulla lingua. Ma stavolta cattivi, come disse l’Adolfo reincarnato ai nostalgici in quella famosa barzelletta sui nazisti radunati in una birreria di Monaco di Baviera. Basta con il caro Don Chisciotte, amatissimo da Fred Buscaglia, ma troppo difficile per essere capito dal volgo. E basta anche con “questo però non lo scrivere” o “questo però non te l’ho detto io”. Questi sono i patti. Altrimenti mi occuperò d’altro. Persino di tiro con l’arco o di Balotelli che non posso vedere nemmeno dipinto. E voi tenetevi pure stretta Mamma Rosa che è più finta del nuovo sponsor (Metano Nord) della Fortitudo. O andate domani alla Convention della Banda Osiris. Che rischia d’essere un clamoroso flop. Dove ve la infarineranno comunque per benino come si fa con le crocchette di pollo e celebreranno Ciccioblack Tranquillo come il dio pagano delle telecronache della nazionale. Peccato che, mentre sto scrivendo, l’Italia stia giocando ad Amburgo con la Repubblica Ceca e nessuna emittente si sia sognata di trasmettere la partita nemmeno in streaming. Sarò allora anche un figlio di Troia e chiamatemi pure Cassandra, però non ci voleva molto a capire che a Pinzolo le cose non sarebbero andate per il verso giusto o che nella pancia del cavallo di legno si nascondessero i serpentelli che ti avvelenano a piccoli morsi. MaraMeo Sacchetti nel ritiro in Trentino, che già non portò fortuna a Juve e Inter, è così sembrato sempre più solo contro tutti perché non so se Petrucci sia ancora totalmente dalla sua parte o se invece pure lui si sia stancato delle sue frequenti levate di scudo sulla Gazzetta. In più a molti azzurri non è piaciuto che a Della Valle (nella foto) sia stato concesso d’andarsi ad allenare a Milano e d’aver giocato tre amichevoli con l’Armani. O, peggio ancora, che il cittì si sia lamentato di loro (“Siete stati presuntuosi e svogliati”) dopo la vergognosa sconfitta di sabato con la Vanoli non vis-à-vis e a caldo nello spogliatoio, ma il giorno dopo sui giornali. Anche se in fondo Sacchetti se l’è andata proprio a cercare questa brutta situazione nella quale si è cacciato confessando a C10H16O prima d’avercela con Tanjevic e le sue scelte (Dalmasson e Fucka) e poi con Gallinari e Belinelli. E dimenticandosi che – guarda caso – anche Datome e Melli erano rimasti in vacanza al mare durante il raduno di questo giugno a Trieste. Insomma, mi ripeto, una nazionale poco simpatica di figli e figliastri. Che MaraMeo potrebbe anche lasciare dopo aver conquistato i Mondiali. Come ha già lasciato intendere a Mario Canfora. Ma stia sereno: in Cina è più facile che ci vadano Belinelli e il Gallo di lui. E difficilmente tutti e tre insieme. Intanto si è perso anche coi cechi (80-87) e anche stanotte Giannino dormirà poco pensando a chi gli ha consigliato Sacchetti. Glielo ricordo io: Ettore Messina. Magari sogghignando: “Dopo di me il diluvio”.