Avellino alla canna del Sidigas se non compra un tiratore

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A cavalcioni sullo spicchio di luna per stare il più lontano possibile dai pirati informatici che mi attaccano il blog ad ogni fine settimana. Un’idea di chi possano essere anche ce l’avrei e mi stupirei se non facessero parte della Banda Osiris. Di sicuro però prima o poi li becco. E allora lo giuro che li prendo per il collo e glielo tiro come si fa normalmente con le galline ed i vigliacchi. La testa tra le nuvole e lo scacciapensieri tra i denti, sono stato pure tentato di non tornare più sulla terra, ma mi sarei perso il colpo grosso di Varese ad Avellino, seconda in classifica con Venezia, e così non mi sarei potuto fare quattro risate grasse e matte. E non perché ce l’abbia con Sacripantibus, che ho già da tempo cancellato dalla confraternita di Tranquillo, o con i lupi irpini, che anzi mi sono simpatici al pari di Ezechiele Lupo Crespi, eccezion fatta per C10H16O, formula bruta del gazzettiere Canfora Mario. Quanto perché, a parte l’Armata Armani, è la Sidigas la società più ricca d’Italia e la prima che piange miseria tra le lacrime del suo direttore sportivo, Nicola Alberani. Al quale ho in mente di regalare per Pasqua un coccodrillo gigante di cioccolato o, a sua scelta, cento confezioni di fazzolettini di carta. Mi dicono che Avellino abbia perso la quarta partita di fila tra coppe e campionato. Per la verità io me ne ricordavo tre: quella di Coppa Italia a Rimini nei quarti con il Banco di Sardara e quelle di otto giorni fa a Torino e di ieri in casa con l’ultima in classifica. Ma allora deve aver perso pure nell’andata degli ottavi di Champions mercoledì scorso al Taliercio? E’ assai probabile. Ma ero scappato via all’inizio del quarto periodo, e non per sfinimento, con la squadra di Sacripantibus avanti di 7 punti (40-47) su una Reyer incerottata (e stanca) e quindi mai avrei pensato che avesse potuto di nuovo perdere. D’accordo, vi credo. Ma di quanto? Di quattro: 53-49. Dite sul serio o mi volete prendere per il sedere? No, la Sidigas ha segnato appena due punti negli ultimi nove minuti e per giunta realizzandoli entrambi dalla lunetta. Robe da non credere. E comunque non potete adesso più venirmi a dire che ne capisco di pallacanestro persino meno di Ciccioblack. Perché mai? Perché ho sempre sostenuto che il vice di Ettore Messi(n)a deve arrangiarsi con quel che gli passa il convento e con i tiratori di modesto livello, come Ragland e Logan, per non parlare di Thomas, Green e Randolph, che gli ha comprato Alberani al mercatino delle pulci e dell’usato a basso prezzo. Insomma quasi gratis. Se invece vi piace scherzare, sappiate che dalla luna sono tornato di buon umore. Visto che ho resistito all’assalto virale dei pirati. Che ora hanno le ore contate. E sono felice come una Pasqua per la vittoria di Artiglio Caja. Difatti pareva che mi burlassi di voi quando vi dicevo che il pavese cresciuto alla scuola di Tonino Zorzi è uno dei migliori allenatori d’Italia. Come vi ha dimostrato anche ieri sera su un parquet come quello di Avellino dal quale non è stato mai facile per nessuno uscire con le proprie gambe e le ossa intatte. Che poi la Varese di Paolo Moretti dovesse essere una squadra in corsa per i playoff questa è una barzelletta che vi aveva raccontato Mamma Rosa all’inizio del campionato. E invece è la squadra tecnicamente più debole di tutta la serie A. Insieme forse a Pesaro. Alla quale però Artiglio ha dato un’anima e una serenità che sono le uniche armi, assieme alla famosa difesa di Caja, che l’aiuteranno a raggiungere una salvezza in ogni caso difficile. Perché un club, vi piaccia o meno, dovrà pur retrocedere in A2 tra due mesi. Però adesso ditemi quale. Lasciandovi comunque ancora ventiquattr’ore di tempo per pensare. Ovvero il tempo di seguire stasera Cantù-Reggio Emilia in televisione e di capire se Re Carlo Recalcati riuscirà a rigirare come un calzino quella truppa d’americani indolenti e d’italiani svogliati. Intanto al Taliercio prima di cena ho visto Pesaro e adesso capisco perché la squadra di Wimbledon Costa costi poco più di mezzo milione di euro. Tutto compreso. Anche lo stipendio di Pierino Bucchi. Che è un valore aggiunto per una società che dignitosamente cerca di sbarcare il lunario. E che domenica sarà a Masnago: non so se mi spiego. Con le sue due stelle Marcus Thornton e Jarrod Jones: ma le basteranno? Incrociamo insieme le dita.